Una nuova ricerca condotta da Lisa Feldrman Barrett, professoressa di Psicologia presso la Northeastern University, sembra destinata a cambiare molte delle tradizionali teorie su come riconoscere le emozioni delle persone dalle espressioni facciali. La psicologa ha infatti spiegato che, alle consuete espressioni del viso che gli scienziati, per oltre cinquanta anni, hanno ritenuto indicatrici degli stati d’animo di una persona, si possono aggiungere molti altri fattori utili a decifrare le emozioni, come il linguaggio del corpo, la prospettiva di visuale, e persino l’orientamento culturale.
Secondo la ricercatrice, “Questo sfida il credo a lungo mantenuto nella scienza della psicologia per il quale le espressioni sono la cosa più importante”.
La dottoressa ha usato come esempio una foto che ritraeva la tennista Serena Williams dopo che aveva appena vinto contro sua sorella agli “Open” statunitensi del 2008. Ebbene, in tale immagine, guardando solo la faccia della Williams, ella sembra sempre più arrabbiata, ma, analizzando l’intera foto, si può comprendere che stava semplicemente serrando i pugni in segno di vittoria.
La ricerca ha inoltre dimostrato che il linguaggio può aiutare nella percezione delle espressioni del viso. La dottoressa ha citato in proposito uno studio nel quale i partecipanti riuscivano a decifrare meglio le emozioni scegliendo un termine da una determinata lista di parole, piuttosto che quando veniva chiesto loro di descrivere le loro emozioni a parole. Secondo la dottoressa Barrett, questo esempio mostra come le semplici espressioni del viso non descrivono pienamente gli stati d’animo quanto le parole.
Se non si riesce a capire bene tutto il contesto, quindi, la faccia di una persona può indicare genericamente se essa si trova in uno stato d’animo positivo o negativo, ma non se, più specificatamente, tale persona è arrabbiata, triste o spaventata.
Per la Barrett, i risultati della ricerca potranno avere molte implicazioni su altre aree di studio relative alle emozioni. Anche i metodi di allenamento del personale delle forze dell’ordine o degli addetti alla sicurezza negli aereoporti, che si basano molto sul riconoscimento delle emozioni sui volti delle persone, andrebbero ripensati. Inoltre, tali studi potrebbero aiutare nel comprendere gli stati d’animo di chi soffre di un qualche disagio mentale.