Molti disturbi psicologici, come le fobie, le dipendenze, il disturbo ossessivo-compulsivo e il disturbo post-traumatico da stress, possono avere a che fare con la memoria e l’apprendimento, nel senso che una determinata situazione può essere associata ad un dato comportamento-ad esempio, vedere un bar pieno di persone che fumano può indurre ad accendersi una sigaretta-e riattivare ansie e paure o spingere ad agire in maniera inappropriata. Gli psicologi cercano in genere di lavorare su queste associazioni inconsce tra un determinato “stimolo” e una determinata “risposta” suggerendo di associare mentalmente allo stimolo altre possibili risposte, ma ciò, spesso, si rivela tutt’altro che semplice, e i pazienti possono facilmente avere delle ricadute.
Un articolo pubblicato di recente sulla rivista americana “Current Directions in Psychological Science” spiega che non sarebbe esattamente questo il metodo più efficace. Ralph R. Miller, professore di psicologia alla State University of New York a Binghamton, autore dell’articolo insieme a Mario A. Laborda, afferma infatti: ” I terapeuti, in realtà, non hanno molto controllo sul contesto nel quale si trova il paziente. Un metodo più promettente, invece, è: Rafforza il trattamento della memoria“.
Nell’articolo si spiega che, nella psicologia tradizionale, sono indicati quattro modi per rendere questa terapia- chiamata generalmente “terapia espositiva”, e che Miller chiama “annientamento della memoria”- più efficace: fare più tentativi, fare questi tentativi in luoghi e contesti differenti, scaglionare bene questi esperimenti nel corso della terapia, e ripetere tutto il trattamento dopo un pò di tempo. Questi metodi sfruttano i classici principi sull’apprendimento: che il ripetere la pratica rafforza l’apprendimento, e che, spiega Miller, “ripetere gli esercizi ad intervalli distanziati rimane meglio impresso sulla memoria che quando i comportamenti da apprendere sono sperimentati tutti insieme”.
Il professor Miller ha inoltre sottolineato l’importanza delle ricerche condotte in laboratorio sugli animali, che potrebbero portare a nuovi metodi di cura:
“Stiamo ottenendo ottimi risultati negli studi sugli animali, che possono essere applicati anche alla psicopatologia umana, non tanto per testare farmaci ma per osservare i trattamenti del comportamento. Adesso conosciamo i metodi di cura e i limiti di tali cure”
ha spiegato. Secondo lo studioso, non dovrebbe essere difficile, adesso, applicare queste conoscenze all’uomo, anche perchè, ha aggiunto, “numerosi studi clinici confermano che quanto riscontrato nei topi è applicabile anche agli umani”.
Lo studio citato da Miller e Laborda potrebbe condurre ad altri importanti risultati: “I ricordi sembra che si mantengano per sempre. Noi cerchiamo di sostituire i ricordi più dolorosi con altri pensieri. Il trucco è che dopo aver abituato la memoria a nuovi pensieri, questi tendono a restare maggiormente impressi dei ricordi dolorosi” ha spiegato Miller.
L.F.