Si può parlare di vero e proprio stress post traumatico per almeno due sanitari su tre impegnati nella lotta al covid da più di un anno: la pandemia di coronavirus non ha lasciato il segno solo sul fisico di chi si è ammalato, ma anche sulla salute psicofisica di chi si è preso cura di coloro che sono stati male.
Sindrome da stress post traumatico e burnout
È questo il risultato di una ricerca condotta dall’associazione EMDR Italia, che si occupa proprio di trattare a livello terapeutico la sindrome da stress post traumatico. I sintomi sono quelli comuni a chiunque soffre di questo problema: ansia, esaurimento nervoso, rabbia, esaurimento emotivo e depressione. Sono moltissimi i casi di burnout tra i sanitari che si sono trovati in prima linea e comprendono diverse categorie di lavoratori, a partire dai medici fino ad arrivare ai volontari passando per gli infermieri.
La EMDR, va spiegato, è una tecnica di psicoterapia diversa da quelle utilizzate in passato: è un metodo innovativo che supporta la classica psicoterapia e consiste nello psicoterapeuta che, attraverso alcuni movimenti, accompagna l’individuo a muovere gli occhi in modo specifico al fine di elaborare le situazioni traumatiche. In poche parole si tratta di una serie di stimoli oculari che vengono proposti al paziente mentre rielabora le cause del trauma vissuto per aiutarlo a superarlo.
Salute mentale degli operatori importante
Questo studio nello specifico ha preso in analisi 744 soggetti di cui 157 come campione di riferimento, che sono stati sottoposti a quattro differenti tipi di trattamento EMDR: i risultati hanno mostrato come il 71,2% degli operatori sanitari abbia mostrato episodi di ansia superiori a quelli sperimentati in precedenza. Più del 60% dei sanitari ha riportato un livello da moderato a elevato di burnout e il 74,4% ha prestato invece livelli da moderati ad elevati di ridotta produzione personale. La depressione è stata diagnosticata nel 26,8% dei partecipanti mentre il 36,7% ha riportato sintomi di stress post traumatico. Ha commentato Marco Pagani, ricercatore del CNR:
Dall’indagine è emerso che le caratteristiche di burnout in questi soggetti sono al di sopra della soglia patologica, dimostrando uno stato traumatico mentre dopo il trattamento le condizioni di stress, ansia, umore, rabbia, sonno mostrano un miglioramento significativo negli operatori reclutati.
Sono numeri questi che illustrano come sia necessario tutelare non solo la salute fisica di coloro che lavorano in prima linea contro il covid-19 ma anche la salute mentale, aiutandoli ad affrontare il senso di impotenza e le problematiche che si manifestano nel corso del lavoro in corsia fornendo loro tutto il supporto necessario.