Non è un saggio e come romanzo di sicuro è uno di quelli in cui trama e i personaggi sono surreali: è infatti poco ma sicuro, che nulla sarebbe potuto accadere come Thaisa Frank (vincitrice di due Pen award e docente di scrittura creativa a San Francisco) c’ha raccontato. Esperimento che non può dirsi però isolato dato che Train de vie e Bastardi senza gloria usano il paradossale per narrare il nazismo.
La storia è quella tragica, dolente e terribile della guerra e ha come sottofondo neanche troppo ‘celato’ la Germania, degli anni ’40. Un gruppo di ebrei intellettuali e poliglotti viene sequestrato e tenuto nascosto in un sotterraneo segreto.
A questi è affidato il compito – faticoso e lacerante – di rispondere con lettere rassicuranti a chi è in cerca dei propri cari ‘scomparsi’ e che con molta probabilità sono morti.
Tale servizio è stato stabilito e dunque voluto da Himmler che pensa sia necessario placare le ire e il tormento dei defunti. In questa impresa inoltre è sostenuto da Goebbels e non necessariamente per una ragione esoterica bensì perchè la burocrazia gli appartiene completamente e perchè ogni missiva abbia il suo avvallo burocratico. A capo dello strano ufficio c’è però un tedesco che ha a cuore la vita dei deportati e cerca di salvarne il più possibile, aiutato dalla donna che ama, Ellie, che presenta una doppia identità.
Quando giunge una lettera di Heidegger al suo ottico nonchè amico ed ex collega universitario, deportato ad Auschwitz, Goebbels vuole una risposta filosofica che sia all’altezza e colmi il suo vuoto. Che fare dunque? E’ possibile far uscire, è giusto dare la possibilità a qualcuno di uscire dall’inferno?
Il romanzo presenta decisamente molti nonsense ma non per questo manca di essere acuto, intenso, commovente, capace di toccare profondamente le corde emotive di ognuno di noi.