Convivere con una malattia cronica, come lo è ad esempio il diabete, non è semplice per nessuno. La qualità della vita è fortemente minata dallo scandire della terapia e le ripercussioni sulle relazioni sociali possono essere piuttosto pesanti. Non va meglio a chi soffre di allergie alimentari che vive con l’ansia costante di incappare nei cibi assassini e vede l’atto di nutrirsi come un pericolo per la propria vita.
I bambini, in particolare, soffrono maggiormente per le privazioni, non completamente comprese e dunque ancora più dure da tollerare. Una festa di compleanno di un compagno di scuola piuttosto che un’uscita al ristorante o una ricorrenza in cui si consumano leccornie proibite, possono trasformarsi in un incubo per i più piccoli e per i loro genitori, che vivono con il terrore continuo di shock anafilattico.
Dell’ansia e della solitudine che colpisce i bambini affetti da allergie alimentari, si è parlato nei giorni scorsi a Venezia nell’ambito del Food Allergy and Anaphylaxis Meeting della European Academy of Allergy and Clinical Immunology, con la presentazione di uno studio italiano effettuato dal Centro dedicato allo Studio e alla Cura delle Allergie e delle Intolleranze Alimentari dell’azienda ospedaliera dell’Università di Padova.
I bambini allergici ad alcuni cibi si isolano e spesso a non partecipano alle festicciole di classe. Nell’ambito dello studio sono stati interpellati 107 bambini oltre che le loro mamme. Spiega Maria Antonella Muraro, presidente del Congresso nonché responsabile della ricerca che
Le risposte evidenziano che questi piccoli spesso presentano gravi difficoltà a venire a patti con la malattia, che influenza pesantemente le scelte di ogni giorno. Il 17 per cento dei bambini, indipendentemente dall’età, non va mai alle festicciole per paura di venire in contatto con tracce di cibi proibiti; fra quelli che comunque vengono accompagnati alle feste o alle merende fra amici, il 24 per cento è costretto a portare da casa qualcosa da mangiare, per essere certo di non incappare in uno shock anafilattico.
La ricerca evidenzia come anche i genitori, ovviamente, sono più a rischio di ansia e difficoltà emotive e riflettono le loro paure sui bambini:
Tale atmosfera di continuo allarme mina la possibilità dei piccoli pazienti di crescere e vivere serenamente le normali esperienze di vita, al pari dei loro coetanei.
[Fonte: ASCA]