Le artiste musulmane e l’hip hop

Ci piace: Salome ha il coraggio di sfidare il regime, Sultana invece mette alla berlina la viralità dei turchi. Miss Undastood è fiera del suo velo, invece Lady Bitch prende

Single tra i quaranta e i cinquant’anni, una scelta? Una condizione?

Essere soli, in una determinato momento della vita, delicato ma con delle progettualità ancora in ‘corso‘, che significa? Che valore dà alla nostra vita? Andiamo dunque ad analizzare due diversi profili.

Quarant’anni, ceto medio-alto, buona cultura, folta rete di rapporti sociali, spesso decisamente più ampia di quella che gravita intorno a una coppia. Ecco l’identikit del single (sia uomo che donna). Solo anch’esso per libera scelta. Perché (specialmente lei) il più delle volte non vuole accontentarsi di un partner non rispondente alle aspettative personali.

Alikewise ti fa incontrare l’amore attraverso la letteratura

Allora è proprio vero il detto che ci racconta e che vuole che in amore e in guerra sia permesso tutto, tant’è che pare possibile (d’altronde perché no), organizzare incontri e uscite (o “date” come si dice in inglese) attraverso la passione comune per la letteratura e in particolare per un libro significativo della nostra esistenza e che riteniamo indispensabile.

L’idea è molto originale e garbata, vi è infatti una nuova frontiera riguardo i siti che trattano incontri amorosi ed è l’americano Alikewise (www.alikewise.com).

Per non dimenticare: le vittime in Iraq sono anche i sopravvissuti

Affinchè la nostra memoria non sbiadisca e si mantenga sempre alta la guardia per il dolore che ogni guerra comporta, presente e passata e anche se vi si corre il rischio di apparire anacrostici, desideriamo dare qualche informazione, riguardo i problemi di ordine psicologico che la guerra in Iraq, comportò qualche anno fa.

Le statistiche di allora parlarono chiaramente: più di un terzo dei soldati americani rientrati in America dal fronte iracheno, non fu in grado di arginare da solo, l’immensa sofferenza che il conflitto comportò ed ebbe bisogno di ricorrere all’aiuto dello psicologo.

I videogiochi non fanno male

I videogiochi non fanno male, una parte del mondo accademico, si sta mobilitando, proprio contro questo infondata idea riguardo la  nocività dei passatempi preferiti dei bambini (e non solo). Tutto questo, lo sostiene Gustavo  Pietropolli Charmet ma non è solo nè il solo soprattutto.

Ma chi è Pietropolli Charmet? E’ un professore di Psicologia Dinamica all’Università Bicocca di Milano, e proprio in una recente intervista al Corriere della Sera si è battutto e molto veementemente contro i pregiudizi sui videogiochi, e s’è dimostrato molto contrariato riguardo le battaglie condotte da tutte quelle associazioni per cui la violenza nei videogiochi ‘corrompe’ le giovani menti, deviandole alla violenza o quanto meno inducendoli ad un disturbo di personalità che potrebbe sfociare in comportamenti antisociali.

Ansia da prestazione, ne soffre 1 donna su 5

 Generalmente associamo il problema dell’ansia da prestazione al genere maschile ed effettivamente è un tema che si presenta maggiormente nei discorsi tra uomini ma non solo. Infatti quello dell’ansia da prestazione è un disturbo che coinvolge non solo gli uomini, ma sembra stia aumentando anche nel gentil sesso per diversi motivi.

Internet è uno strumento di approfondimento

La dipendenza da chat, ha nè più nè meno che le ‘regole’  tipiche delle dipendenze psicologiche e dei diversi aspetti patologici della personalità. E’ pur vero che spesso internet e quindi le chat, subiscono un’eccessiva penalizzazione. E molti casi di cronaca, sembrano voler demonizzare l’abitudine ad utilizzare tale mezzo di comunicazione,  considerandolo non ‘sano’ , così come per quanto concerne gli incontri via web.

Spesso, l’intero mondo Internet viene messo in discussione per la sua capacità di catalizzare totalmente l’attenzione davanti ad un computer estraniando le persone dal resto del contesto, dalla realtà.

Il bullismo ora è anche alle elementari: parlare subito con gli insegnanti

Bullismo deriva dall’inglese bullying = oppressione, prepotenza. Un fenomeno sempre più diffuso nelle scuole. Osserva Maria Calabretta, psicopedagogista, presidente dell’Adisag (Associazione Disagio Giovanile) e autrice delle Fiabe per affrontare il bullismo (Franco Angeli) che tale situazione,

Non (è) riconducibile soltanto al mondo degli adolescenti, ma che si sta diffondendo alle elementari. Il bullismo è pericoloso anche in forma soft: quando per esempio, le angherie sono a livello psicologico e non fisico. Dispetti, parole cattive, isolamento del bambino che viene preso di mira, possono creare un disagio pesantissimo, che purtroppo spesso non viene registrato da genitori ed insegnati.

Che fare se nostro figlio deve vedersela ogni giorno con un bullo? Come aiutarlo? Ecco quanto suggerisce Calabretta:

In primo luogo non abbassare la guardia. Bisogna essere consapevoli che il bullismo esiste e nessuno ne è immune.

La felicità si insegna a scuola

La felicità è soggettiva? E’ possibile spiegarla? E rendere ‘concreta’, ‘a parole’, un sentimento così intimo e indefinile? Ebbene parrebbe proprio di si. Infatti ora la felicità  – cosa inimmaginabile fino a qualche anno fa – diventa materia scolastica.

Un importante liceo inglese dunque dedicherà ai ragazzi della scuola, una lezione a settimana riguardo questo argomento. Il singolare esperimento, avrà tra le materie di lezione, per i propri allievi dai 14 ai 16 anni, lezioni di felicità e psicologia positiva.  

La Medicina si fa di “genere”

Lo sapevate che per la medicina siamo tutti maschi?  O che i farmaci si sperimentano prevalentemente sugli uomini, anche quando si tratta di malattie che colpiscono nella stessa misura le donne?  Tale ‘discriminazione‘ , ha delle conseguenze di non poco conto, le donne infatti, corrono un rischio maggiore, del ben il 50 per cento, rispetto agli uomini, di subire reazioni avverse da farmaci, e corrono un pericolo molto superiore di morire per diagnosi errate o sottovalutazione dei sintomi, soprattutto per quanto concerne le malattie cardiovascolari e tumorali.

Sigaretta? No grazie!

Purtroppo il vizio del fumo è in aumento. Gli ultimi dati dell’Istituto Superiore della Sanità infatti, parlano chiaro: in Italia sono ben tredici milioni a fumare, il 27% hanno dai quindici anni in su. Le fasce più colpite, sono le giovani e le donne, con una leggera flessione per queste ultime. E non dimentichiamo che il fumo uccide. E che questa frase scritta sui pacchetti delle sigarette, corrisponde assolutamente al vero.

E’ infatti quanto afferma Romano Ricci, presidente di Reach Italia Onlus

Ogni anno muoiono ottantamila persone a causa del fumo.

Nella lotta al tabagismo è dunque importante, altresì informare ma soprattutto prevenire, infatti l’età della prima sigaretta, si è abbassata, arrivando addirittura agli undici anni.

In Giappone la morte la incontri sul web

Pare che il numero di giapponesi che hanno posto fine alla propria vita in gruppo, dopo essersi incontrati su Internet  (la cosa più singolare e inquietante, è che pur essendo tutti degli estranei, non sono tanto spaventati dal dover morire ma che accada in solitudine ; in questo modo l’incontro sul web, dà loro il coraggio per suicidarsi!), purtroppo sia schizzato a cifre impressionanti.

Addirittura il Paese del Sol Levante, si pone al primo posto per il più alto tasso annuo di suicidi. E se nel 2006 si trovava al nono posto assoluto nel mondo, tre anni dopo, il numero dei suicidi ha oltrepassato per il dodicesimo anno consecutivo la soglia dei trentamila.

Differentemente dalla cultura occidentale, quella orientale non ha alcuna preclusione nei confronti della morte autoindotta, non solo: il suicidio era considerato una volta addirittura un rituale che restituiva l’onore ai guerriglieri samurai e oggi è considerata una risposta, terribile a dirsi ma efficace e definitiva al fallimento in amore o nel lavoro. Tali ambiti, per un popolo così competitivo, rivestono un’importanza davvero cruciale: il non riuscire in uno di questi, genera una frustrazione davvero profonda e spesso irrimediabile.

E tu che social network sei?

 L’espansione dei social network è impressionante e cresce in modo costante, è frequentato infatti da milioni e milioni di internauti. Spesso inoltre, non si è iscritti ad un unico social network, bensì a due, a tre o anche di più. Facebook, Netlog o ancora Myspace, sono semplicemente alcune delle tante possibilità. Cerchiamo dunque di capire quali in Italia sono quelli più frequentati e se negli altri paesi i trend sono simili o differenti.

Ciò che possiamo dire di sicuro, è che i social network, stanno diventando un mezzo di comunicazione sempre più importante e utile per socializzare con i propri coetanei e attirano così tanti utenti che sono tra i link di internet più visitati. La classifica internazionale dei siti più cliccati sul web e redatta da Alexa (il sito è: www.alexa.com), se ne deduce che i social network occupano non pochi gradini di rilievo e numerosi posizionamenti nella parte alta della graduatoria. Ovviamente in ogni paese, in base alla quantità di iscritti e alla diffusione, un social network è più apprezzato e quindi frequentato rispetto agli altri.