Deficit di attenzione e iperattività (ADHD), l’esercizio fisico fa bene

L’esercizio fisico può migliorare le prestazione dei bambini con disturbo da deficit di attenzione e iperattività? Sembra di sì, secondo i risultati di una nuova ricerca condotta da un ricercatore della Michigan State University e pubblicata sull’ultimo numero del Journal of Pediatrics. In particolare, i ricercatori hanno osservato come dopo una sessione di attività fisica gli studenti con ADHD erano in grado di inibire e controllare meglio le distrazioni e ciò permetteva loro di concentrarsi meglio su un compito. 

Scuola, l’aggressività degli studenti è legata a bias nelle credenze

L’ aggressività dei ragazzi, in particolar modo a scuola, è legata a bias nelle credenze. Secondo uno studio pubblicato su Child Development i ragazzi, quando credono che le persone non possono cambiare i loro comportamenti, reagiscono con aggressività nel momento in cui sono coinvolte in un conflitto tra pari. Ricerche condotte in passato hanno dimostrato come i bambini che crescono in realtà difficili, caratterizzate da conflitti ripetuti, tendono ad interpretare in maniera distorta anche episodi minori, in quanto hanno la credenza che determinati atti vengono messi in atto di proposito contro di loro. Questa convinzione è associata ad una risposta di tipo aggressivo.

Coppia, attaccamento ansioso e stress influenzano la risposta immunitaria

Le preoccupazione e l’ ansia legate alle relazioni di attaccamento con le principali figure di riferimento possono rappresentare un fattore di stress significativo, a tal punto da influenzare la risposta immunitaria dell’individuo. Le persone classificabili come caratterizzate da un attaccamento di tipo ansioso solitamente mostrano la preoccupazione irrazionale di essere respinti e per questo tendono a cercare costantemente rassicurazioni ed a interpretare in maniera pessimistica eventi ambigui.

Pazienti con fobia sociale possono provare meno stress e ansia

 

La paura è un’emozione che in talune situazioni può attivare le necessarie risorse per difendersi da situazioni potenzialmente pericolose. Le persone che soffrono di fobia sociale sperimentano emozioni caratterizzate da paura e ansia anche in situazioni quotidiane i cui normalmente non si attivano, ciò perché pensano, in maniera irrazionale, che il loro comportamento potrebbe essere poco consono e inappropriato. In questi persone il meccanismo cerebrale che governa l’espressione della paura presenta un funzionamento anomalo, in accordo con diverse ricerche condotte da neuroscenziati.

Disturbi alimentari, il perfezionismo influenza l’immagine del corpo

 

Tra perfezionismo, insoddisfazione per il proprio corpo e disturbi alimentari esiste un legame secondo quanto riportato su un articolo apparso questa settimana sul Journal of Eating Disorders. Allo studio hanno partecipato oltre mille donne di età compresa tra 28 e 40 anni e il campione scelto era stratificato: le donne selezionate, infatti, erano sottopeso o obese, con un indice di massa corporea (BMI) che poteva oscillare da 14 a 64. Più le persone appartenenti al campione erano lontani dall’avere un sano BMI maggiore era il divario tra come percepivano il loro corpo e il loro ideale rispetto all’immagine corporea.

Ricerca, la solitudine è collegata a stress e infiammazioni

 

Le persone che provano sentimenti di solitudine presentano un maggiore rischio di sperimentare stress il quale è legato, tra l’altro, alla presenza di infiammazioni. Tali infiammazioni, a loro volta, sono legate a numerose condizioni come la malattia coronarica, il diabete di tipo 2, il morbo di Alzheimer. Lisa Jaremka, il principale autore di questo studio, condotto presso l’ Institute for Behavioral Medicine Research dell’Ohio State University, ha scoperto come lo stress può innescare una risposta immunitaria scarsamente controllata.

Stress lavoro correlato, quanto conta la personalità?

Burnout e tratti di personalità, burnout e cultura organizzativa, diverse sono le angolazioni dalle quali è possibile esaminare il fenomeno dello stress lavoro correlato.  Oggi parleremo delle ricerche che hanno valutato i diversi costrutti che si riferiscono ad aspetti della personalità e il loro ruolo sull’insorgere del burnout. Vediamone da vicino alcuni tra i principali.

Fobie, la paura dei ragni si cura con una seduta

 

L’aracnofobia, volgarmente conosciuta come paura o fobia dei ragni potrebbe essere curata attraverso una singola sessione terapeutica che a quanto pare determinerebbe modificazioni a breve e lungo termine non solo a livello del comportamento ma anche a livello cerebrale. Secondo uno studio, condotto presso la Northwestern University Feinberg School of Medicine, questo trattamento sarebbe talmente efficace che i pazienti, sei mesi dopo la seduta, sono in grado di tenere in mano una tarantola nelle loro mani.

Sindrome premestruale, ecco il test per valutare i sintomi

La sindrome premestruale è una condizione che può influenzare in maniera negativa la vita quotidiana, essendo associata a sintomi quali umore tipico della depressioneansia, mancanza di concentrazione ed attenzione, astenia, mal di testa. Nonostante si sappia molto su questa sindrome e sui sintomi che l’accompagnano ancora non esiste un accordo unanime sui criteri da utilizzare per una sua classificazione e ciò ostacola non poco l’adozione di interventi terapeutici dedicati.

Stress e depressione dipendono dalle infiammazioni?

Stress psicologico e depressione si possono sviluppare, come dimostrato da diversi studi condotti in passato, in seguito ad un’infiammazione sistemica. La Proteina C-Reattiva, indicata anche con l’acronimo PCR o CRP (C-Reactive Protein) è un marker solitamente utilizzato per determinare l’infiammazione e quando i livelli della proteina raggiungono livelli superiori a 10 mg / L si può sospettare la presenza della malattia infiammatoria.

Quale legame tra stress e malattie del cuore?

Esiste un legame tra stress percepito e malattia cardiaca coronarica (CHD)? Sembra proprio di sì, stando ad una meta-analisi condotta su sei studi che hanno coinvolto, in totale, circa 120.000 persone. A condurre lo studio, pubblicato sul Journal of Cardiology, è stato un team di ricercatori della Columbia University Medical Center (CUMC), che ha seguito, per una media di 14 anni, i partecipanti.