L’amore in nesso col sesto senso

 

In principio era Bruce Willis a parlarci del sesto senso, la capacità mentale che è innata ma che tutti vorrebbero avere. Il sesto senso non è mai stato un argomento molto chiaro, ed ha portato molti esperti al dibattere su questa “proprietà” umana molto legata all’intuito, ma soprattutto legata alla possibilità di entrare in una profonda intesa con l’altro al punto di generare una sorta di empatia.
La ricerca scientifica si è interessata a questo settore aprendo nuove prospettive per il sesto senso. L’University of Technology di Sydney ha canalizzato molte energie su questo aspetto, arrivando ad una conclusione che mostra nuovi scenari nel rapporto tra l’uomo ed il sesto senso.

In aumento i casi di suicidio anche nel Mezzogiorno

 

S.o.s adolescenti! Purtroppo spetta alla Lombardia, (la punta dell’iceberg è soprattutto nel Milanese, in Valtellina e Val Seriana) il primato italiano del numero di suicidi tra i giovani dagli undici ai ventiquattro anni (sedici anni è l’età critica).

In realtà pare che il Sud stia raggiungendo, per tale triste fenomeno, il Nord, con molti casi in Sicilia. Chi ci segnala, tale inversione di tendenza è Claudio Mencacci, direttore del Dipartimento di Psichiatria dell’ Ospedale Fatebenefratelli di Milano, che all’interno, presenterà il primo servizio integrato rivolto ai giovani che hanno tentato togliersi la vita.

L’autunno complice del pessimo umore

 

La bella stagione è finita e siamo entrati in autunno. Secondo gli studiosi, sembra proprio che oltre all’evidenza dell’accorciarsi delle giornate, della ripresa del ritmo lavorativo che ci ha allontanato dall’inverno ed il calo delle temperature, ci siano delle novità non proprio buone anche sotto l’aspetto del buon umore e della linea fisica.
Con il cadere delle foglie, sembrerebbe essere quasi dovuta anche la caduta dell’umore. Parliamo di mal d’autunno. Una sindrome che secondo gli psichiatri, in Italia ogni anno colpisce almeno una persona su dieci con prevalenza nelle donne.

Uno spray nasale contro la timidezza

 

Le persone timide sembrano non avere vita facile oggi, anche se molto spesso si nascondono dietro identità virtuali per fare una socializzazione diversa. I ricercatori del Seaver Autism Center for Research and Treatment di Israele e della Columbia University hanno condotto uno studio in sinergia che è stato di recente pubblicato sulla rivista specialistica Psychological Science. Parliamo di una nuova “cura” alla timidezza.

Il segreto per superare questo scoglio starebbe in un componente conosciuto come ossitocina, noto nell’ambiente anche come l’ormone dell’amore. L’ormone in questione è associato ad un aumento dei legami empatici tra genitori e figli, ma le recenti scoperte portano a parlare anche di un aumento di socialità per chi è timido. Le persone con le carenze sociali o le persone autistiche, sarebbero pazienti ottimali.

Le bugie? Un atto di difesa

L’uomo conosce la ‘possibilità’ della bugia a partire dai tre anni e lo farà per il resto della via. Ma perché mentiamo? Uno studio americano, ci informa, che mediamente si dicono solo due bugie al giorno. Molto di più invece, quando si risponde ai questionari e questo, al solo scopo di attirare l’attenzione e farsi apprezzare dagli altri. In psicologia, questa si definisce “desiderabilità sociale”.

Tutti mentono, la menzogna, sembrerà strano, ma è necessaria alla vita di società, così come nelle relazioni più intime. Questo naturalmente esclude una personalità manipolatrice, l’importante è essere consapevoli del fatto che si sta mentendo e che la menzogna è amorale. La coscienza di ciò che si sta facendo, segna il confine tra il bugiardo occasionale e quello cronico, che mente con naturalezza, senza farsi problemi.

L’utilità di uno psicologo

 

Purtroppo negli ultimi periodi, con la costante presenza di Internet nella vita delle persone, si sta andando incontro ad una critica costante nei confronti degli psicologi. L’idea che si sta diffondendo è infatti che gli psicologi siano una sorta di “malattia da evitare” e che fa solo buttar via soldi. I meglio noti come “strizza cervelli” stanno diventando quindi brave persone da consigliare, ma sicuramente da non ascoltare con criteri scientifici e soprattutto a pagamento.

Purtroppo questa è una grave perdita per i professionisti che per anni dedicano la propria vita a studiare casi e a dare soluzioni introspettive alle persone.

L’ozio è deprimente?

 

L’appagamento della quotidianità, la ricerca della tranquillità psicologica, questi gli obiettivi di vita di molti esseri umani in un momento in cui la vita acquista sempre più frenesia. Quel concedersi gli attimi per rilassarsi senza pensare a persone, stress e lavoro. Una ricerca fatta da un gruppo di psicologi delle Università di Chicago e Shanghai, però, ha chiarito un punto fondamentale nella possibilità di essere felici durante il proprio trascorso di vita: la felicità sta soprattutto nel non starsene mai con le mani in mano.

L’uomo si sentirebbe infatti più appagato e felice quando riempie le sue giornate di cose da fare. Non importa se si tratta di cose utili o inutili, ma sicuramente l’ozio andrebbe a creare un effetto troppo deprimente sull’umore che si trasforma pian piano in noia e soprattutto tristezza.

Un nuovo amore? Ti fa perdere gli amici

A volte si ha lì’impressione di dover scegliere tra la persona che amiamo e gli amici. Questo dilemma, comune a uomini e donne, ha creato problemi a numerosissime coppie, portando agli esiti più imprevedibili. Tuttavia, secondo alcuni ricercatori è possibile quantificare in modo scientifico i sacrifici per nuova love story: all’inizio di una relazione amorosa si perdono alcuni tra i migliori amici.

La solitudine tra il bello e il brutto

 

Parliamo di una ricerca che è stata condotta dai medici dell’Università di Buffalo per poi essere pubblicata e divulgata dalla rivista scientifica Self and Identity. Parliamo di solitudine. La ricerca fatta, dimostra come nei momenti importanti della nostra vita non siamo mai soli. Si parla sia dei momenti belli che dei momenti bruttissimi della nostra esistenza.

Questo anche perchè l’uomo ha un bisogno costante di condividere questi momenti della propria vita sia nel bene che nel male e soprattutto ha bisogno di interagire con gli altri per far si che quella sensazione del “crollare il mondo addosso” sia solo una sensazione e siamo pronti a riprenderci.

Ai bambini bisogna parlare correttamente

E’ accertato: conversare con un bambino di pochi mesi (si può iniziare subito anche quando sono neonati) come se fosse un adulto, sviluppa la sua intelligenza. Questo avviene anche se non è possibile per lui comprendere ciò che diciamo. Infatti le parole si imprimono ugualmente nella sua mente e nella memoria. E’ importante (non dimenticatelo) però evitare i toni acuti  e che la voce voce sia pacata, monocorde (il che non vuol dire monotona).

In questo modo, gli si trasmette sicurezza ma soprattutto serenità e affetto, ciò di cui un bambino ha sempre impellente bisogno. Si può iniziare la sera con la dolcezza delle filastrocche, infatti, non solo costituisce un momento prezioso da condividere con il proprio figlio e che salda il legame d’amore ma consente l’ “imprinting della lingua“, dato che i bambini sono molto sensibili al ritmo anche quando non conoscono i vocaboli o sono difficili.

L’autoironia è un’ottima strategia difensiva

Tutte le volte che vi sentite amareggiati, fate un passo indietro e fermatevi a guardare: vale la pena arrabbiarsi? Sicuramente no: molto meglio sdrammatizzare. E così, anzichè soccombere alle emozioni negative, provate ad individuare il potenziale lato comico di ogni situazione. Ora perché ciò accada, cosa ci occorre? Di sicuro l’autoironia, questa si può tranquillamente considerare una preziosa risorsa per non prendere troppo sul serio se stessi ed è ugualmente efficace nel rapportarsi al prossimo.

Richiede una certa abilità e una buona dose di autostima per non cadere nell’auto-denigrazione (si presuppone un pò di delicatezza e un minimo di sense of  humor da parte dell’interlocutore) ma fa sì che attorno a sè si crei un clima disteso. E per coloro che soffrono di timidezza ed insicurezza, risulta una buona strategia di difesa dal giudizio altrui. Sostiene Antonella Marchetti, docente di psicologia dello sviluppo presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore (e co-autrice assieme a Davide Massaro e Annalisa Valle di: ‘Non dicevo sul serio. Riflessioni su ironia e psicologia‘): “In psicologia, l’ironia è molto studiata, l’autoironia meno. La prima è considerata un fenomeno relazionale, la seconda è apparentemente usata contro se stessi“.

Ma in realtà, secondo la psicologa, anche l’autoironia è spesso rivolta all’esterno. Quando, per esempio, si ironizza su un proprio difetto fisico, lo si fa per prevenire un’eventuale critica: “Prima che gli altri notino un nostro limite – spiega la professoressa Marchetti – e ne facciano cenno facendoci rimanere male, lo facciamo notare noi, mostrando così che non ne soffriamo“.

Affrontate la paura d’amare

Purtroppo non è molto facile per un uomo o una donna dopo un lungo periodo di  solitudine, decidere di lasciarsi andare ad una relazione. Le cause possono essere tante e sono di certo tutte soggettive ma ciò che “congela” queste persone emotivamente, è un “meccanismo di difesa” che consente loro (in realtà di far credere loro) di non soffrire più se si evita il sentimento d’amore.

Non è così infrequente che una storia d’amore, soprattutto quando è stata importante e che è causa di una ferita narcisistica profonda, renda distanti e generi un vero e proprio rifiuto da parte di chi si è sentito intimamente, fortemente deluso.

In realtà tali insicurezze andrebbero esaminate accuratamente e con spirito critico. Non si fugge alla paura ma la si affronta apertamente senza sentirsi frustrati se da soli non si è in grado di comprendere le ragioni di un così intenso livello d’ansia. La “paura d’amare”  quando è così invasiva, andrebbe analizzata con l’aiuto di un esperto .

La separazione di mamma e papà

Comunemente si pensa che più piccolo è il bambino, meno dolorosa sarà la separazione dei genitori. Nulla di più sbagliato, perchè a due o tre anni l’unico filtro che posseggono per codificare gli eventi, sono gli stati emotivi degli adulti e soprattutto della mamma. Non essendo in grado di distinguere il proprio mondo separato da quello dei genitori e di eleborare queste emozioni, vede il distacco dei genitori tra loro come un distacco da sé, la percepisce come una minaccia spaventosa, una perdita irreparabile, lo spettro di una solitudine angosciante.

Questa è la ragione per cui gli resta dentro una disperazione lancinante e non perde mai la speranza consolatoria che i genitori possano tornare assieme. E’ un sogno che  alimentano quotidianamente e in un’età in cui si pensa che le favole possano inverarsi. I genitori pertanto devo impegnarsi a non confondere il bambino con separazioni conflittuali ma neanche con allontanamenti improvvisi o incontri intermittenti. Proprio questi ultimi, alimentano l’illusione che la famiglia possa tornare unita e rinnovano così una sofferenza straziante.

Nella pubertà invece, la prima conseguenza della separazione dei genitori provoca un’accellerazione del processo di distacco. Mamma e papà si separano e i figli mordono il freno (precocemente rispetto ai suoi coetanei) , conquistandosi velocemente l’autonomia. I rischi sono però insidiosi: mancando la gradualità del normale processo di maturazione, possono imbattersi nell’adolescenza, momento della vita già particolarmente critico con forti problematicità.

Gli stati ansiosi dei bambini

L’ansia, la potremmo considerare di fatto lo stato o la condizione che deriva dal non poter soddisfare le proprie esigenze, l’origine di tale inquietudine la troviamo nell’infanzia. L’ansia è dunque un tipo di auto-preoccupazione fatta di dubbi e svalutazioni nei propri confronti. Inizia da bambini, quando iniziamo ad osservare il  mondo al di fuori della famiglia.

La scuola fa da palcoscenico alle nostre espressioni vitali, è qui che ci mettiamo a confronto con la socialità, in cui emergono i primi comportamenti inattesi e che il più delle volte, possono compromettere apprendimento e serenità individuali. Vi sono nuove regole da seguire, inizia la competizione e in embrione è quello che determinerà di noi il successo o meno nella società.

Sono diversi i segnali che indicano quando un bambino vive un forte disagio scolastico, come sono diverse le espressioni con cui questo disagio si manifesta nella realtà. A grosse linee, si può dire che insofferenza, intolleranza e iperattività sono la spia di un’aggressività covata e pronta ad esplodere, la timidezza invece fa da muro invalicabile e non consente l’interazione con i propri coetanei e con l’insegnante, mentre la distrazione isola emotivamente dal contesto della classe.