Parenti serpenti? Crea il tuo siero anti-veleno

 Non sempre la casa è la capanna dell’amore, spesso è proprio sotto le quattro mura che avvengono discussioni e litigi che non scompaiono facilmente. A volte questi diverbi nascondono situazioni già difficili, tuttavia nella maggior parte dei casi si tratta di momenti di attrito da non prendere necessariamente in considerazione; soprattutto con i cosidetti parenti serpenti la soluzione migliore è crearci un siero anti-veleno che impedisca di trasformare piccole discussioni in veri e propri litigi.

La sensualità

Non è facile dare un’interpretazione univoca del concetto di sensualità. Spesso in un individuo rappresenta lo specchio della sua personalità e corrisponde all’interesse e all’attrazione che gli altri sentono. Di fatto l’uomo è un “animale molto sexy”, va al di là delle stagioni dell’amore stabilite dalla natura e può dimostrarsi sensuale e seducente in qualsiasi momento della vita.

Il modo e la capacità di mostrare la propria sensualità è assolutamente soggettivo. Non vi è “conformismo”, la sensualità è possibile trasmetterla in molti modi e l’emozione che da questa ne viene, dipende unicamente dalla complementarietà. C’è chi associa al termine sexy esclusivamente elementi esteriori e sessualmente evidenti (questo vale in particolar modo per i maschi); e altri che trovano coinvolgenti altri fattori come il tono della voce, la gestualità, l’intelligenza, la cura nell’abbigliamento oppure l’insieme di tanti elementi differenti che combinati, creano un forte desiderio.

Le bugie avvelenano le relazioni

Le bugie, ne se sentiamo tante e tutti i giorni, ne diciamo a nostra volta e purtroppo spesso non riusciamo farne a meno. E indipendentemente che queste siano grosse o piccole, “bianche” o terribili, la menzogna fa parte di noi. Perché accade?

Robert Feldman, Professore di Psicologia presso l’Università del Massachusetts, nel suo libro “Il bugiardo nella vostra vita: come funzionano le bugie e cosa ci dicono di noi stessi”, sostiene che mentire oramai è diventata la prassi e ci consiglia d’essere più onesti.

In una intervista al “Time.com”, Feldman afferma che non solo siamo diventati avvezzi alle menzogne ma accade anche senza eccessive riflessioni

Pare che le persone mentano mediamente 3 volte ogni 10 minuti. Addirittura i volontari che hanno partecipato nella ricerca, hanno realizzato d’aver detto bugie e d’averne dette molte soltanto quando si sono rivisti in video. La reazione è stata di incredulità. Come mai? Il fatto è che spesso (per non dire sempre), vogliamo credere ciò che ci fa più comodo e non riusciamo quasi mai a cogliere l’inganno negli altri. Questo accade anche perché nelle persone notiamo di solito elementi incoerenti del linguaggio non verbale, sbagliando ad interpretarlo.

Va smentita anche l’efficacia degli interrogatori. Tra l’altro spesso non siamo molto interessati a comprendere quando gli altri ci dicono bugie. Quando chiediamo a qualcuno come sta e ci risponde “bene”, non abbiamo la volontà di conoscerne le pene segrete e accettiamo senza batter ciglio la prima risposta breve ed esaustiva, quella che infondo ci fa piacere o abbiamo bisogno di sentire.

La nostra poi, è una cultura in cui non è difficile mentire dato che la bugia è accettata di buon grado ed è anche incentivata, il rimorso infatti poche volte fa capolino, dato che l’atto del mentire, non è considerato così grave. Il messaggio che trapela anzi, è che le bugie aiutano e coadiuvano le relazioni sociali. Non dimentichiamo, che se ci verranno a dire solo ciò di cui sentiamo l’esigenza, non sarà facile avere una reale consapevolezza del sé.

Le bugie però adulterano le relazioni e se inizierete a mentire per piccole cose, diventerà nel tempo, facile ed automatico per le grandi.

Le donne chiacchierone? Non più degli uomini

 

Le donne? Senza dubbio le consideriamo curiose (molto anche), chiacchierone, pettegole, in definitiva un decibel di suoni in piena ma sarà vero? Quante cose diamo per scontato o solo per sentito dire o perché così racconta e così ci fa comodo? S’è sempre creduto ad esempio che le donne non solo siano molto più loquaci degli uomini ma che addirittura parlino tre volte in più di questi. E’ quello che senza esagerare la metà del pianeta da sempre sospettava e l’altra invece lo negava …con ampie dissertazioni.

Ora abbiamo la conferma delle nostre errate convinzioni. Uno studio portato avanti dagli psicologi James Pennebaker dell’Università del Texas e Matthias Mehl dell’Università dell’Arizona e pubblicato su Science smentisce la convinzione (o sarebbe meglio dire preconcetto?) che caratteristica tutta femminile è proprio quella di parlare più degli uomini. Precedenti studi, non sempre molto accurati, avevano indicato in 16.000 il numero medio di parole pronunciato dalle donne ogni giorno, rispetto alle 7.000 degli uomini.

 La ricerca estremamente approfondita ha coinvolto 396 studenti (210 femmine e 186 maschi). Per questa ricerca sono stati registrati i dati delle “attività verbali” degli studenti, utilizzando dei voice recorders portatili, questi ogni dodici minuti e mezzo si accendono automaticamente e raccolgono i dati per 30 secondi di audio ambientale, la particolarità sta nel fatto che i soggetti non hanno la possibilità di agire sull’apparecchio.

Il matrimonio fa bene..agli uomini!

Il matrimonio fa bene, lo dicevano le nostre nonne, lo sostengono le mamme preoccupate quando passati i trenta, incuranti, non pensiamo “a sistemarci”. Ma questa volta ne abbiamo la certezza, il matrimonio fa bene alla salute dell’uomo. La conferma è data da una ricerca condotta da Hendrik Schmitz, studioso della Germany’s Ruhr Graduate School in Economics e i cui risultati sono stati ripresi dal quotidiano inglese Daily Mail. I vantaggi iniziano dalla salute, gli uomini sposati rispetto ai single vanno più spesso dal medico per controllarsi e per la pressione delle mogli che li vogliono attivi e in forma ne giovano in salute e benessere psicologico.
Secondo il dott. Schmitz il matrimonio è un un toccasana che va preso assolutamente in considerazione: allontana forme depressive, ansia e la possibile dipendenza da alcool, psicofarmaci e stupefacenti.
Questo studio è stato condotto da un’équipe neozelandese in sinergia collaborazione con l’Organizzazione Mondiale della Sanità e l’Università americana di Harvard. Sono state analizzate circa trentacinquemila persone e i vari test hanno dimostrato che una separazione o un divorzio costituiscono un grave danno per la salute mentale dei coniugi.

L’amore a quarant’anni è più bello

 La vita inizia a quarant’anni? Molto probabilmente non è così ma è assodato che questo periodo della vita se affrontato con serenità e consapevolezza, può riservare notevoli sorprese. Una di queste è proprio nelle capacità sessuali (in particolar modo per le donne). Lo sostiene una ricerca condotta dall’Università del Texas e pubblicata su una rivista specializzata: Personality and Individual Differences. David Buss che ha coordinato la ricerca e i suoi colleghi hanno preso in esame un campione di donne tra i diciannove anni e i cinquanta e divise in tre gruppi in base alla fascia d’età di appartenenza (19 – 26, 27 – 45 e 46 – 50); si è constatato come le donne del secondo gruppo fossero molto più attive in campo sessuale, sia per quanto riguarda la qualità, l’intensità che la capacità e il desiderio di sperimentare.

Invogliate gli adolescenti a parlare

E’ placido, nessun essere umano può tollerare di rimanere lungamente e vivere solo, la ragione è dovuta al fatto che noi siamo “animali sociali”: le relazioni interpersonali sono fondamentali, ci consentono di scambiare opinioni e apprendere dalle esperienze degli altri. Le persone comunicano in molti modi: con le parole, il linguaggio verbale e anche attraverso i comportamenti, soprattutto con il linguaggio non verbale.

Le relazioni interpersonali ci saziano nel nostro bisogno di amore, affetto, rispetto, protezione, aiuto, consigli. Naturalmente alcune relazioni interpersonali provocano sofferenza ma non per questo è giusto imporsi di “non rischiare”, le persone ci aiutano a crescere, ad affinare desideri, aspettative di vita.

La prima relazione umana è quella che stabiliamo in famiglia e proprio da questa nasce il concetto di “separazione”: ognuno ha pensieri, pregi e difetti, diritti e doveri e vi vengono stabilite regole di comportamento che introietteremo e saranno nostri per tutta al vita.

Dare ed avere per alcuni è un problema

Quanti ne abbiamo conosciuti e al ristorante o al bar, danno sempre il meglio di sé. Le mani in tasca al momento del conto fingono che la cosa non li riguardi e quando proprio devono, ti accorgi che sono arrabbiati perché hanno un colore bluastro e ti chiedono di poter guardare lo scontrino.

Questo è il tipico esempio di avaro, in definitiva di persona che non è in grado di donare. L’avaro è incentrato unicamente all’accumulo di denaro. Il denaro non è più un mezzo ma il fine ed al suo confronto niente altro è importante. 
Il denaro per l’avaro è l’espressione più profonda dell’io e del suo potere. Il ragionamento che fa è: “Ho, quindi sono“. Si impegna a raccogliere lungo tutto il corso della sua vita denaro che però non spenderà mai. Questo potere lo rassicura anche se sa che non potrà mai esercitarlo, in quanto verrebbe meno proprio nel momento in cui tentasse di farlo e quindi nel momento in cui spendesse il suo denaro.

Gli altri affetti e valori della vita sono poco importanti per lui, così come tutto ciò che non può essere monetizzato e falsamente si racconta che potrà utilizzarli in un futuro piuttosto vago che è evidente non si realizzerà mai.
Psicologicamente in questo modo crede di neutralizzare l’angoscia di ciò che gli riserva il futuro e della morte

La rivalità tra le donne è antica quanto il mondo

Si racconta delle donne che siano spietate, aggressive, continuamente in competizione, segrete, sottili, subdole, insidiose, disposte a tutto pur di arrivare. Donne che “pur di farcela” sono delle vere tigri in ufficio e nelle relazioni sentimentali e disposte a tutte pur di sconfiggere le rivali.

Questa almeno è la testimonianza di film e libri. Vi è un saggio (a mio avviso discutibile): “Woman´s Inhumanity to woman” (Nation Books)di 500 pagine di Phyllis Chesler, psicoanalista e femminista americana, denuncia la crudeltà declinata tutta al femminile.

Naturalmente fioccano le testimonianze, ci sono tutte: manager, avvocati, scrittrici e artiste da Toni Morrison a Erica Jong.

In Italia il “phamplet” è uscito qualche tempo fa per la Mondadori e dal titolo drastico ed esplicito di: “Donna contro Donna” e naturalmente ha causato aspre polemiche dopo averle provocate negli Stati Uniti.

Le donne sono descritte come prepotenti e manipolatrici, capaci di tutto pur di raggiungere i propri scopi; differentemente dagli uomini che nella violenza sono plateali e strabordanti, per Chesler, quella femminile è subdola, “pianificata”. Una strategia appresa durante l´infanzia e che si affina nel tempo.

Per la psicologa Gianna SchelottoLa rivalità tra le donne è antica quanto il mondo, nell´ultimo decennio sono aumentate le opportunità di evidenziarla. Soprattutto nel lavoro hanno ancora pochissimi spazi e sono costrette a difenderli. Il tutto è legato alla complessità psicologica del rapporto madre-figlia. Fin dai primissimi anni di vita la figlia compete con la madre per l´amore che nutre nei confronti del padre. La bambina per ottenere l´affetto del padre deve combattere. Il maschio, al contrario, non si trova mai a separarsi dal suo primo oggetto d´amore”.

La solitudine? Fa più male del fumo

Gli amici allungano la vita: i rapporti sociali non solo ci rendono felici, ma ci fanno vivere di più. Secondo un recente studio, infatti, chi si circonda di amici  aumenta del 50% le probabilità di sopravvivenza. La solitudine è dannosa come l’alcol e il fumo ed è due volte più pericolosa dell’obesità.

L’ invidia e la superbia sorelle del disprezzo

 

L’ invidia e la superbia sono sorelle di un unico sentimento dato dal disprezzo verso la realtà esterna e più sottilmente verso il proprio mondo interiore: sentimenti di insoddisfazione sono piuttosto comuni e quando non diventa patologia, malattia, nessuno può dirsi immune da questi.

Sono emozioni forti e che percepiamo in modo negativo e distruttivo e per difenderci, spesso vi opponiamo una strenua difesa.

La mente però difficilmente accetta dei “no” e degli obblighi, reprimendo questo malessere, corriamo il rischio di diventare schiavi di un’ossessione, di ingigantire i timori, provocando a catena altre sensazioni spiacevoli, quali vergogna, senso di inadeguatezza e debolezza.

Il senso di colpa che ci funesta è dato dal fatto che il più delle volte proiettiamo le nostre ombre sugli altri, non riuscendo ad ammettere che queste difficoltà di interazione con le persone e con gli eventi c’appartiene interamente.

Reprimere la rabbia..ti fa arrabbiare di più

Non è possibile dare una risposta univoca alla rabbia, dato che è a fondamento di tutte le teorie psicologiche ed è sovente a capo delle motivazioni che sottendono alle manifestazioni espressive, alle modificazioni corporee e alle azioni (non disgiunte ovviamente alle nostre reazioni).

 E’ un’emozione primitiva e quindi è possibile osservarla e monitorarla in diverse fasce d’età nonché in specie diverse dall’uomo.

 Gioia, dolore e rabbia sono le prime emozioni in cui ci imbattiamo ed iniziamo a conoscere ma la collera, a differenza delle altre, viene “educata” molto presto all’inibizione o quanto meno al controllo. Pertanto sono fondamentali in tal senso gli studi evolutivi in grado di analizzarla sia quando è “compressa” che nelle espressioni più evidenti e libere.

Si può dire inoltre che l’ira è parte di un “sottogruppo” in cui sono incluse ostilità, disgusto e disprezzo e ne rappresenta l’emozione di base e che pur trovandosi spesso “assieme”, presentano eziologie e conseguenze diverse sui nostri comportamenti.

La rabbia in molti casi è la risposta fisiologica che diamo alla frustrazione e alla costrizione, sia fisica che psicologica. Naturalmente non sempre e non in tutti i casi, queste ultime rappresentano le micce perché deflagri, spesso interviene la responsabilità e la consapevolezza che si attribuisce ad un persona o evento come cause ultime e scatenanti.