Videogiochi e violenza? Forse qualche legame c’è…

 L’argomento è stato spesso al centro del dibattito, e si è tornati a parlarne sopratutto dopo le stragi avvenute a luglio in Norvegia, dal m0mento che il killer, Andres Breiving Breivik, aveva detto di essere un appassionato di videogiochi, e questi erano stati così additati come possibili cause scatenanti di simili esplosioni di follia e violenza efferata. In realtà, per fortuna, la stragrande maggioranza degli amanti di tali videogiochi, è persino superfluo ribadirlo, ha ben poco a che vedere con eventi sanguinosi o violenti.
Un recente studio condotto dall’Università di Bonn, in Germania, sembra però riavvalorare la tesi per la quale vi sarebbe un legame tra i videogames, specie quelli più violenti, e, appunto, la violenza. In particolare, chi trascorre molto tempo in questo modo svilupperebbe modi diversi di reagire a stimoli emotivi anche negativi, quasi come si scambiasse la realtà per la semplice finzione del gioco.

Pregiudizi e razzismo? Possono dipendere dalla società

 Secondo un recente studio condotto da alcuni ricercatori del Georgia Institute of Thecnology, l’ambiente culturale circostante- nella fattispecie, quello americano-può contribuire a far insorgere pregiudizi razzisti o sessisti. Secondo questa ricerca, infatti, film, televisione, radio e letteratura americane potrebbero rafforzare certi stereotipi.
 Il dottor Paul Verhaeghen, psicologo, che ha condotto tale ricerca, ha spiegato infatti: ” Si pensa che le persone tendono ad associare la gente di colore con la violenza, le donne con la debolezza, o gli anziani con la smemorataggine, perchè hanno dei pregiudizi. Ma c’è un’altra possibilità, che ciò che pensi non sei te, ma l’ambiente culturale intorno“.

Tolleranza e multiculturalismo, diverso da chi?

 Quando etichettiamo qualcuno come diverso, dobbiamo chiederci ma diverso da chi, da cosa, da quale regola? Il concetto di normale da cosa e da chi è stato stabilito e soprattutto a scapito di quali libertà qualcuno si è arrogato il diritto di stabilire cosa rientri nei canoni giusti e cosa rappresenti una deviazione, uno scarto dalla norma? A dispetto dell’invito alla tolleranza come unica strada di apertura verso una convivenza pacifica, una società improntata al multiculturalismo, alla coesione non di una normalità affiancata da tante minoranze “sopportate” ma di tante diversità tutte uguali, si sta deviando nuovamente e pericolosamente verso il vicolo cieco di un noi, gli ugualmente normali, contro loro, i diversi, quelli che se gli va male sono emarginati, se invece siamo clementi ne tolleriamo la presenza (ma che buoni!).

Consenso e popolarità sono importanti per i giovani

 

La scuola è maestra di vita, dicevano i latini. In effetti, l’ambiente scolastico forma il giovane non solo da un punto di vista culturale e intellettuale, ma anche sociale. È importante per i giovani adolescenti essere a contatto con i propri coetanei ed affrontare i problemi di tutti i giorni e non solo quelli assegnati dai professori. Secondo quanto scoperto da una ricerca dell’Università di Chicago, i giovani di oggi non sono più preoccupati di ricevere dei voti sufficienti e di avere la stima degli insegnanti.

Il bello dei bamboccioni

Cambia la società, e se un tempo a 14 anni si andava a lavorare con i genitori per imparare un mestiere, verso gli anni ’90 a 18 anni si scappava via per cercare di metter su la propria indipendenza oggi non è così.
Il mondo dei “bamboccioni”,  è in costante aumento e sempre più 30enni e 40enni sono ancora nello Stato di Famiglia dei papà.

La libertà di scegliere

 Diamo spesso per scontato che la libertà di scegliere il proprio destino sia assodata per ogni individuo e forse in parte è così. Ma attenzione a non credere che gli eventi negativi siano necessariamente una conseguenza diretta delle proprie azioni o di una cattiva condotta altrui.

I rischi insiti nel credere che sia tutto frutto di una libera scelta ce li illustra un interessante studio pubblicato sulla rivista di divulgazione scientifica Psychological Science.
Ad effettuarlo un’équipe di ricercatori afferente alla Columbia University coordinata dalla dottoressa Krishna Savani.

Essere gentili riduce gli sforzi

 Gentilezza, cortesia, rispetto. Li riserviamo a conoscenti, familiari, ad anziani, persone in difficoltà o operiamo indistintamente con garbo nei confronti di chi incontriamo? In ascensore usciamo prima degli altri o cediamo il passo? Lasciamo il posto ad una persona trafelata che è appena salita sull’autobus dopo una corsa carica di sacchetti della spesa? Che differenza può fare, vi chiederete? Secondo un recente studio condotto da un’équipe di ricercatori della Pennsylvania State University essere gentili con gli altri, oltre a rappresentare un comportamento positivo che denota altruismo ed un carattere solare, comporta un vantaggio ben più pratico ovvero riduce il carico di lavoro di ognuno.

Gli autori della ricerca, in uscita sulla rivista di divulgazione scientifica Psychological Science, sono Joseph P. Santamaria e David A. Rosenbaum. I due hanno esaminato la relazione che intercorre tra l’altruismo ed il controllo motorio, scoprendo che osservare gli altri agire a nostro vantaggio stimola una reazione simile e porta a muoversi letteralmente a favore di altre persone a nostra volta, sforzandoci di essere cortesi. Questo si tradurrebbe in una catena di gesti gentili che alleggerirebbero la vita di tutti.

Come scegliere un buon ristorante

Capita per lavoro o per piacere che ci si ritrovi a pranzare nei più svariati ristoranti in Italia o anche all’estero e spesso chiedersi: “cosa si apprezza di più al ristorante?”. E’ una domanda che sicuramente prima o poi ognuno di noi s’è posto, entrando per la prima volta, carichi di aspettative, in un locale rinomato di cui abbiamo fino a quel momento sentito solo parlare. Oppure quando durante uno dei nostri viaggi, durante una sosta, ci ritroviamo in una “casupola”, la cui insegna ci lascia più che perplessi e ci ispira meno di niente, e vi troviamo invece l’essenza della vera cucina casalinga.

E’ fuori discussione che ciò che conta davvero è la qualità del cibo, anche se la presentazione delle vivande, il gusto, la novità degli accostamenti e nondimeno la fantasia dello chef , giocano un ruolo determinante nel nostro star bene a tavola. Per molti poi, riveste una grande importanza la quantità di cibo che viene servita, ispirano certo poca simpatia le porzioni da “uccellini” come pure quelle da festa di Trimalcione.

Il ballo di coppia migliora notevolmente la qualità della vita

Il ballo di coppia è un modo straordinario di scaricare lo stress, allenare il cervello e mantenere in forma tutto l’organismo, anche quando si sno superati i settant’anni. Forme eleganti, complesse ed espressive come il tango oppure più fluide, cadenzate e romantiche come il valzer o il liscio vanno bene in tutte le stagioni della vita.

Il ballo di coppia aiuta il cervello, perché lo stimola in modo pressochè globale: la danza infatti mette in funzione i centri del coordinamento motorio, il lobo temporale (da cui dipendono gli stimoli musicali) e tutte le aree sensoriali. Fondamentali sono infatti, il contatto fisico, la percezione del profumo del partner, la condivisione dello spazio con le altre coppie e soprattutto della musica. Questi attivano i centri della memoria e il lobo limbico che coordina e presiede alle emozioni.

Single tra i quaranta e i cinquant’anni, una scelta? Una condizione?

Essere soli, in una determinato momento della vita, delicato ma con delle progettualità ancora in ‘corso‘, che significa? Che valore dà alla nostra vita? Andiamo dunque ad analizzare due diversi profili.

Quarant’anni, ceto medio-alto, buona cultura, folta rete di rapporti sociali, spesso decisamente più ampia di quella che gravita intorno a una coppia. Ecco l’identikit del single (sia uomo che donna). Solo anch’esso per libera scelta. Perché (specialmente lei) il più delle volte non vuole accontentarsi di un partner non rispondente alle aspettative personali.

Per non dimenticare: le vittime in Iraq sono anche i sopravvissuti

Affinchè la nostra memoria non sbiadisca e si mantenga sempre alta la guardia per il dolore che ogni guerra comporta, presente e passata e anche se vi si corre il rischio di apparire anacrostici, desideriamo dare qualche informazione, riguardo i problemi di ordine psicologico che la guerra in Iraq, comportò qualche anno fa.

Le statistiche di allora parlarono chiaramente: più di un terzo dei soldati americani rientrati in America dal fronte iracheno, non fu in grado di arginare da solo, l’immensa sofferenza che il conflitto comportò ed ebbe bisogno di ricorrere all’aiuto dello psicologo.

La rivalità tra le donne è antica quanto il mondo

Si racconta delle donne che siano spietate, aggressive, continuamente in competizione, segrete, sottili, subdole, insidiose, disposte a tutto pur di arrivare. Donne che “pur di farcela” sono delle vere tigri in ufficio e nelle relazioni sentimentali e disposte a tutte pur di sconfiggere le rivali.

Questa almeno è la testimonianza di film e libri. Vi è un saggio (a mio avviso discutibile): “Woman´s Inhumanity to woman” (Nation Books)di 500 pagine di Phyllis Chesler, psicoanalista e femminista americana, denuncia la crudeltà declinata tutta al femminile.

Naturalmente fioccano le testimonianze, ci sono tutte: manager, avvocati, scrittrici e artiste da Toni Morrison a Erica Jong.

In Italia il “phamplet” è uscito qualche tempo fa per la Mondadori e dal titolo drastico ed esplicito di: “Donna contro Donna” e naturalmente ha causato aspre polemiche dopo averle provocate negli Stati Uniti.

Le donne sono descritte come prepotenti e manipolatrici, capaci di tutto pur di raggiungere i propri scopi; differentemente dagli uomini che nella violenza sono plateali e strabordanti, per Chesler, quella femminile è subdola, “pianificata”. Una strategia appresa durante l´infanzia e che si affina nel tempo.

Per la psicologa Gianna SchelottoLa rivalità tra le donne è antica quanto il mondo, nell´ultimo decennio sono aumentate le opportunità di evidenziarla. Soprattutto nel lavoro hanno ancora pochissimi spazi e sono costrette a difenderli. Il tutto è legato alla complessità psicologica del rapporto madre-figlia. Fin dai primissimi anni di vita la figlia compete con la madre per l´amore che nutre nei confronti del padre. La bambina per ottenere l´affetto del padre deve combattere. Il maschio, al contrario, non si trova mai a separarsi dal suo primo oggetto d´amore”.

Chen Guorong, da barbone a celebrità

 L’informazione è fondamentale, ci aiuta a saziare la nostra sete di conoscenza a partire dalle prime ore del mattino; non sempre, però, leggere un giornale migliora il nostro stato d’animo. Anche nel caso dei tg le notizie di morte ed odio prendono il sopravvento eppure esistono anche notizie positive, come l’incredibile storia di Chen Guorong, trasformato da barbone a celebrità.