Gravidanza da single e depressione

Si sente spesso parlare di una sindrome patologica che prende le donne chiamata anche depressione post partum (meglio nota come crisi post parto). Da una recente ricerca dell’ Istituto norvegese di Sanità Pubblica, guidato dalla dottoressa Gun-Mette Rosand, verrebbe fuori una nuova possibilità di vedere una donna depressa anche durante i nove mesi di attesa, cioè prima del parto. In questa fase, come per quella successiva, la donna, potrebbe avere una depressione oppure una sindrome di inizio depressione. Questo succede, secondo gli studiosi, soprattutto qualora con il proprio compagno ci siano segni di cedimento, per il pancione o per altri motivi. Tra i motivi più annoverati di questa tipologia patologica, troviamo il partner assente, che fa mancare un sostegno morale e fisico importante.

Questa condizione farebbe aumentare a dismisura le ansie e le paure e questo riuscirebbe oltre a portare alla depressione pre parto, anche a parti prematuri o peggio al peso bassissimo del nascituro con una serie di problemi legati alla nascita del piccolo ed alla sua storia nei primi anni della scuola.

Convivenza: uomini e donne

Oggi analizziamo un fenomeno sempre più comune nel mondo ed i suoi aspetti e retroscena psicologici che variano da soggetto a soggetto.
Sempre di meno sono infatti i giovani che si sposano ma che decidono comunque di andare a convivere. Tra uomini e donne però sembrerebbe esserci una differenza sostanziale negli obiettivi di convivenza. Per le donne, infatti sembrerebbe essere come una sorta di passo anticipatorio verso il matrimonio quello della convivenza.

D’altro canto, l’uomo la vede invece come una forma di assicurazione per il sesso sicuro a tempo pieno. Uno studio ha definito questi input. Stiamo parlando di una ricerca pubblicata sul Journal of Family Issues, che fa riflettere non poso sull’approccio che esiste tra i giovani e la convivenza. Carico di impegni per la donna, scorrevole e divertente per gli uomini che cercano di vedere solo vantaggi da questa convivenza. Secondo la professoressa Penelope Huang che ha curato lo studio, infatti:

Maschilismo, innato nel cervello degli uomini

 C’è un’area del cervello che controlla gli stereotipi di genere. Inibirla, negli uomini, per quanto istruiti e liberi da schemi mentali preconcetti siano, equivale a scatenare convinzioni errate e luoghi comuni che vogliono il sesso maschile associato a forza, successo e potere come prerogativa di genere.

A scoprirlo un recente studio effettuato dai ricercatori dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca, pubblicato sulla rivista di divulgazione scientifica Neuroimage.
Gli autori hanno coinvolto nel Gender Implicit Association Test, IatT, un campione di 62 studenti della Facoltà di Psicologia, 31 uomini e 31 donne.
I partecipanti maschi hanno commesso molto più errori a classificare il sostantivo forza come femminile rispetto ad una risposta più repentina quando la parola da associare a donna era debolezza.

Stress, precariato o disoccupazione: quale fattore influisce maggiormente sulla salute mentale?

 Lo stress patologico, il distress, quello stato di tensione eccessiva, quella risposta all’impegno frustrante che porta a disfunzioni dell’equilibrio psicofisico. Chi è più esposto? La lista delle professioni più a rischio è lunga al punto che risulta inutile tentare di stilarla. Quando si pensa allo stress da lavoro viene immediatamente in mente un operaio che lavora in una fabbrica a ritmi incessanti e martellato dai rumori. Eppure, non tutti sanno che insegnanti e medici sono esposti ad un rischio di stress da lavoro altrettanto rilevante.

D’altra parte, i fattori che provocano stress possono insorgere in qualsiasi tipo di lavoro e riguardare l’impiegato di uno sportello esposto alle continue lamentele dei clienti piuttosto che un imbianchino sottoposto continuamente a turni assurdi per via dei tempi di consegna impellenti di un lavoro. Oggi però parliamo di fattori di stress meno specifici ovvero dell’esposizione al rischio, più o meno accentuata, di due categorie: i disoccupati ed i precari. Chi è più stressato?

La musica incide sulla personalità

Come vi abbiamo già raccontato qualche tempo fa, la musica che ascoltiamo è un interessante riscontro per il nostro carattere. Si possono capire tantissime cose studiando il modello chiamato Music e realizzato dalla Cambridge University. Consiglio di andare a leggere il nostro articolo che racconta di come le persone possono essere Mellow (melodiosa), Unpretetious (senza pretese), Sophisticated (sofisticata), Intense (intensa) e Contemporary (contemporanea) per capirne qualcosa in più.

Ma oltre ad avere un gusto soggettivo, la musica diventa un cardine importante per i bambini. Sembra infatti che se i genitori sin da piccoli aiutano i bambini nella scelta di un certo stile musicale, questi ultimi da grandi possono diventare sempre più vicini ad un determinato carattere. La scelta dei brani musicali ha infatti una affinità molto forte con la personalità.

Come filtrare l’ansia

In un mondo frenetico e pieno di stress, l’ansia è un fattore che colpisce milioni di persone in tutto il mondo. Non manca un pizzico di sensibilità ed apprensione sicuramente in chi è costretto a vivere con questo stato d’animo continuo. La condizione di ansia però permette ultimamente di essere analizzata in maniera diversa, soprattutto da quando una serie di ricercatori americani hanno cominciato a parlare di un “button”, un interruttore che permetterebbe di spegnere l’ansia, o per lo meno di mettere in disparte le paure ed isolarle nel cervello.

Il tutto è partito dall’Univestità di Stanford in California. Qui gli studiosi statunitensi hanno basato la loro sperimentazione sul cervello e sui meccanismi celebrali. Lo studio è anche stato pubblicato sulla rivista Nature nella sua edizione on line e gli è stato dedicato uno speciale interessante.

Chiedere scusa e perdonare

Chiedere scusa

Chiedere scusa non è un atto di debolezza. Tutt’altro avere difficoltà a scusarsi è sinonimo di mancanza di autostima e di una profonda fragilità interiore che porta a voler nascondere a tutti i costi di poter sbagliare. Il timore principale è che l’altro abbia prova della sua superiorità se ci scusiamo.

Non essere capaci di domandare perdono per gli errori commessi, così come non riuscire a perdonare, equivale a seminare o serbare rancore. Due facce della stessa medaglia, in verità. Perché non perdonare equivale  in fondo ad avercela con noi stessi perché qualcuno ci ha ferito, perché è riuscito a scalfirci nel profondo. Per liberarsi da questa schiavitù dell’anima l’unica via d’uscita è proprio il perdono, un perdono che non dimentica, certo, ma pur sempre una catarsi che prevede l’accettazione e dunque il superamento di un torto subito, di una delusione.

Stress e longevità: stressati dagli antistress, salvati dalla consapevolezza

 Lo stress non uccide. Senza stress c’è la morte, citando Hans Selye. Altro non è che la reazione naturale con la quale affrontiamo gli eventi, una carica reazionaria che ci spinge all’azione, al movimento. La risposta di una persona all’impegno. Poi c’è il distress, lo stress negativo ovvero eccessivo, insopportabile, disfunzionale e patologico. Ma di questo abbiamo già lungamente parlato. Oggi vogliamo soffermarci sulla relazione tra stress e longevità, una liaison reputata dangereuse da molti studi ma che viene riabilitata, insieme ad altri fattori considerati sinora demoni per il vivere bene e a lungo, da un recente studio.

Loro sono Howard S. Friedman e Leslie Martin, ultime firme di  The Longevity Project iniziato nel lontano 1921 dallo psicologo Lewis Terman della Stanford University. Un campione di 1500 persone seguite per 90 anni per scovare il segreto di un’esistenza serena e duratura.

Esaminiamo i killer del sesso

Oggi parliamo di un argomento un po’ scottante, da molti considerato tabù, da altri sfruttato ed abusato per sentirsi alternativi: il sesso. L’atto fisico di mero godimento, seppur sembra essere “il cavallo portante di una serie di ruote che fanno girare il mondo”, ha anch’esso degli acerrimi nemici che vanno sconfitti per evitare di fare figuracce sotto le lenzuola.

I nemici sono 10 in totale ed ora li vediamo in dettaglio. Il primo è la tecnologia. L’uso dei device hi tech, infatti, farebbe abbassare la voglia di eros ed il troppo materiale pornografico presente soprattutto sulla rete, abbasserebbe di continuo il desiderio degli amanti. Al secondo posto troviamo lo stress, questo porta nei maschietti alla difficoltà erettile e nelle donne ad una scarsa lubrificazione. La stanchezza è il terzo, amanti del sonno con poca vita erotica. Quarto killer è l’obesità che porta sia negli uomini che nelle donne un calo abissale del desiderio. Attenzione anche all’anoressia sessuale di cui abbiamo già parlato. Ci sono poi al quinto posto le droghe e gli stupefacenti, che seppur danno sensazioni di euforia con la riduzione inibitoria creano impotenza e difficoltà a raggiungere l’orgasmo.

Narcisista che problema

In questi giorni vi abbiamo spesso parlato dei problemi sociali a cui possono andare incontro i “narcisi”. Non i fiori ovviamente, ma le persone che hanno una spiccata ammirazione per se stessi e che sempre adorano essere al centro dell’attenzione. Ebbene studi recenti, hanno parlato di una situazione patologica per chi adora se stesso, che permette a circa il 90% dei narcisi di compromettere la qualità di tutte le proprie relazioni.

La percentuale mondiale che è affetta da questo disturbo della personalità p del 4% e purtroppo secondo gli esperti questo è un problema troppo sottovalutato.

Aumentare autostima, esercizi e frasi

 Partiamo da una frase disarmante nella sua semplicità e che è anche il titolo di un best seller di Steven Carter: Men Like Women Who Like Themselves. Agli uomini piacciono le donne che si piacciono. Facile a leggersi, da comprendere, un concetto lineare che non fa una piega. Eppure l’insicurezza, la scarsa autostima, la paura di non piacere, di non essere abbastanza… minano le relazioni interpersonali di molte donne. Per carità, anche gli uomini sono afflitti da umane fragilità che fanno dubitare di se stessi ma è molto più facile, fateci caso, incontrare un uomo non proprio attraente che si considera un fusto, piuttosto che una bella donna che non è ipercritica con il suo più piccolo difetto.

Come uscirne? L’autostima è importante nell’intricata equazione di una relazione sentimentale. Sminuirsi porta a sentirsi grati di essere amati malgrado… ci mette in una condizione di inferiorità rispetto al partner, oltre che scatenare gelosia, invidia, sensazione di vivere un rapporto precario, in costante pericolo a causa del nostro non essere abbastanza.

Stress da lavoro, come riconoscerlo

 Si fa presto a gridare allo stress come malattia, ma non è tutta fatica quella che ammala. Avevamo già operato gli opportuni distinguo tra distress, stress negativo, ed eustress, stress positivo, così come magistralmente spiegato nella guida Stress e Mobbing, pubblicata dall’Isples, l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro.

Torniamo sull’argomento stress da lavoro perché in merito è intervenuto Fabrizio Daverio dello Studio Legale Daverio & Florio, in un’intervista rilasciata all’ANSA. Daverio, che è specializzato nel Diritto del Lavoro e nel Diritto della Previdenza Sociale, spiega che lo stress non è una malattia bensì la risposta di una persona all’impegno.

Autostima, quanto ti vuoi bene?

 Quanto ti vuoi bene? è un progetto artistico-culturale ideato da Jacqui James, fotografa di fama internazionale, e promosso da futuro@lfemminile, in collaborazione con Dove.
La mission era testare l’autostima delle adolescenti, alle prese con l’insicurezza dell’aspetto fisico, i canoni estetici inculcati dai media, la voglia, spesso esacerbata, di piacere agli altri ed ottenere consenso sociale.

Tramite MSN alle teenagers, di età compresa tra i 9 ed i 16 anni di età, è stato somministrato un questionario creato dalla psicologa Maria Rita Parsi.
Dalle 3.200 adesioni arrivate, emergono dati sulle donne di domani che descrivono un mondo radicato alle amicizie, agli animali, alla famiglia e ad internet, un pianeta in cui la sfera virtuale è più che mai vissuta come reale, con amori, amicizie, litigi a suon di emoticon ed aggiornamenti di stato. I genitori, nella maggioranza dei casi, poco si occupano della vita parallela e virtuale delle figlie.

La paura del terremoto nei bambini

 Di fronte ad un terremoto così devastante, come quello che ha colpito in queste ore il Nord-Est del Giappone, a dominare è la paura. Terrore dilagante come uno tsunami che lascia paralizzati, scossi e totalmente e nudamente consapevoli della fragilità del vivere, dell’insicurezza e dei pericoli che si annidano nelle viscere della Terra sconvolgendo la quiete di un giorno come un altro con una tragedia immane.

Il dolore, lo sconforto e l’angoscia prendono d’assalto gli adulti, la cui comprensione dell’evento oltre che l’istinto alla conservazione e all’azione spingono prontamente ad una reazione, solidale ed energica, per ricostruire e ricominciare, una forza innata ed impensabile che smuove al ritorno alla vita, al riemergere dalle macerie. Per i bambini, che spesso subiscono l’evento passivamente, sconvolti dalle reazioni di panico dei genitori, sprovvisti inizialmente di protezione emotiva, la paura del terremoto può tormentare ed angosciare per anni ed anni dopo il sisma.