Le persone umili sono più altruiste

 L’umiltà è una virtù poco tenuta in considerazione, al giorno d’oggi, che ha poco a che vedere con l’avere una scarsa autostima, ma che, invece, può avere molto a che vedere con l’altruismo, con l’interessarsi degli altri dando magari una mano a chi ne ha bisogno, proprio perchè non ci si sente “superiori” a loro. Ciò sembra essere confermato da una ricerca, condotta dal professor Wade Rowatt della Baylor University, che ha dimostrato proprio come le persone umili siano spesso quelle più disponibili ad aiutare gli altri.

Comportamento “prosociale”, cos’è?

Il comportamento prosociale è la capacità di comprendere le ragioni dell’altro e di mettersi nei suoi panni in termini cognitivi ed emotivi, cercando di percepire quali sono i suoi bisogni e offrendo il proprio aiuto in modo del tutto gratuito.

Bambini altruisti? Già a quindici mesi

 Sembra spesso di vivere in una società dominata dall’egoismo, dove ci si disinteressa delle ingiustizie e delle sofferenze patite dagli altri, ma, in questo senso, una speranza può arrivare forse da chi si è da poco affacciato al mondo, sempre che poi non segua i cattivi esempi che possono venire dagli adulti.
Secondo una ricerca svolta in collaborazione tra il Max-Planch-Institute per l’antropologia evoluzionistica e l’Università di Washington, infatti, già a 15 mesi un bambino potrebbe aver sviluppato il senso dell’altruismo e dell’equità. In precedenza, si riteneva invece che i bambini maturassero tali qualità più tardi, intorno ai 6-7 anni.
Nell’esperimento, a un gruppo di 47 bambini di 15 mesi venivano fatti vedere due brevi video, nel primo dei quali un ricercatore dava dei cracker a dei suoi colleghi, prima distribuendoli in modo equo, poi dandone di più a uno dei due. Nel secondo video, la scena veniva ripetuta con del latte al posto dei cracker.
I bambini guardavano con maggiore attenzione e maggiore sorpresa i video nei quali il cibo veniva distribuito in maniera ineguale. I bambini si aspettavano un’equa e giusta distribuzione di cibo, e rimanevano sorpresi nel vedere che a una persona veniva dato più latte o cracker che a un’altra”, ha spiegato Jessica Sommerville, professoressa associata dell’Università di Washington, che ha condotto la ricerca.

Altruismo ed egoismo, una convivenza possibile

 Si può essere altruisti ed allo stesso tempo egoisti? In alcuni casi sì, se pensiamo infatti a quanto la felicità ed il benessere di chi ci sta intorno, soprattutto quando si tratta della nostra famiglia, dei nostri amici, ci influenzi in maniera positiva, con vantaggi per il nostro umore e per lo stato d’animo che si risolleva immediatamente circondato da tanti sorrisi. La felicità è contagiosa, come tutti i sentimenti che portano il segno +, ecco perché aiutare gli altri, essere generosi, contribuire alla soluzione di un problema che in realtà ci toccava poco da vicino, o almeno così ci sembrava, ha degli enormi benefici nella nostra vita e nel nostro bilancio emotivo.

Essere gentili riduce gli sforzi

 Gentilezza, cortesia, rispetto. Li riserviamo a conoscenti, familiari, ad anziani, persone in difficoltà o operiamo indistintamente con garbo nei confronti di chi incontriamo? In ascensore usciamo prima degli altri o cediamo il passo? Lasciamo il posto ad una persona trafelata che è appena salita sull’autobus dopo una corsa carica di sacchetti della spesa? Che differenza può fare, vi chiederete? Secondo un recente studio condotto da un’équipe di ricercatori della Pennsylvania State University essere gentili con gli altri, oltre a rappresentare un comportamento positivo che denota altruismo ed un carattere solare, comporta un vantaggio ben più pratico ovvero riduce il carico di lavoro di ognuno.

Gli autori della ricerca, in uscita sulla rivista di divulgazione scientifica Psychological Science, sono Joseph P. Santamaria e David A. Rosenbaum. I due hanno esaminato la relazione che intercorre tra l’altruismo ed il controllo motorio, scoprendo che osservare gli altri agire a nostro vantaggio stimola una reazione simile e porta a muoversi letteralmente a favore di altre persone a nostra volta, sforzandoci di essere cortesi. Questo si tradurrebbe in una catena di gesti gentili che alleggerirebbero la vita di tutti.

L’egoismo viene dalla mamma

 

La ricerca effettuata tra le Università di Oxforx e quella del Tennessee tenutasi a Knoxville, ha tenuto conto del comportamento definito “egoistico” basandosi sull’impatto di geni. Gli esami sono stati effettuati sull’impatto che i geni attraverso l’imprinting genomico (la dichiarazione della provenienza), creano quel determinato comportamento.

Infatti, sembra che secondo questi dati l’espressione caratteriale dei geni sia differente a seconda se questi siano stati trasmessi dalla mamma o dal papà. La scoperta di questa ricerca, sembra dimostrare quanto i geni di provenienza materna portino ad un conflitto con quelli paterni nel caso dei rapporti con gli altri. I geni al femminile, da parte di mamma sembrerebbero essere quelli che tendono a stimolare i comportamenti egoistici, mentre quelli da parte di padre stimolano di gran lunga di più i comportamenti altruistici.

Siate felici e vivrete più a lungo

  

La gioia di vivere cos’è? Potremmo darne sinceramente una definizione che non sia da dizionario? La letteratura, la filosofia e in tempi più recenti la psicologia clinica, hanno indagato l’animo umano quasi esclusivamente per le sue interazioni con il dolore e come questa condizione influisca nelle scelte e nelle percezioni.

Negli ultimi anni però una branca della psicologia s’è posta l’obiettivo di studiare, comprendere ed analizzare il benessere psicologico e ciò che lo determina.

Inutile sottolineare (ma con un po’ di buon senso lo riconosciamo tutti) che la “contentezza di sé” non è certo determinata dall’agiatezza economica e da una particolare e brillante carriera.

La marginalità di questi aspetti ne escono rinforzati dalle ricerche che Martin Seligman, docente di psicologia dell’Università della Pennsylvania ha condotto. Vi sono persone contente anche tra i poverissimi del mondo e la felicità paradossalmente non “si lascia condizionare” dall’essere in salute, dall’età o dalla piacevolezza fisica né dalla cultura.

 

Il buon samaritano

A volte le cronache ci narrano spiacevoli episodi in cui persone in difficoltà (ad esempio vittime di violenza o di malori) nonostante si trovino il luoghi pubblici e frequentati, non ricevono aiuto da chi li circonda. Molto spesso gli individui riescono ad essere altruisti con familiari, amici, colleghi, ma faticano a dimostrare la stessa generosità con degli sconosciuti. Perché succede questo?