Effetti dei videogiochi su bambini e adolescenti: buoni o cattivi o buoni e cattivi?

 Gli effetti dei videogiochi sulla psiche, sul comportamento, sulla personalità e lo sviluppo dei bambini e degli adolescenti spesso vengono bollati e liquidati in maniera troppo semplicistica come buoni o cattivi. Il dottor Douglas Gentile, psicologo alla Iowa State University, reputa fondamentale superare questa dicotomia per distinguere e valutare i molteplici fattori e i diversi influssi percepiti dall’utente, senza demonizzare o al contrario osannare le proprietà educative piuttosto che diseducative dei videogames.

L’offerta videoludica è infatti oggi talmente vasta da non poter essere marchiata di una singola etichetta dagli educatori: positiva o negativa. Tra il bianco e il nero c’è un ampio spettro di grigio che corrisponde ai molteplici effetti dei videogiochi su bambini e adolescenti. Così l’esperto in uno studio pubblicato sulla rivista di divulgazione scientifica Child Development Perspective.

Uno spot contro l’uso di psicofarmaci per curare la vivacità dei bambini

 Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività, ADHD, acronimo di Attention Deficit Hyperactivity Disorder. Quando un bambino è particolarmente (?) distratto e vivace, agitato, va curato con psicofarmaci? Non secondo l’associazione Pensare oltre che raccoglie numerosi sostenitori tra personaggi del mondo politico, del panorama culturale italiano e settanta tra associazioni, aziende, accademie.

Pensare oltre ha creato una serie di manifesti e uno spot provocatorio sull’ADHD, una campagna di sensibilizzazione presentata in questi giorni al Salone del Libro di Torino.

Leggere da piccoli

Per far si che i piccoli siano pronti al mondo della scuola, è necessario che comincino sin da bambini a familiarizzare con i libri di testo. Lo dice una recente ricerca pubblicata sulla rivista “Medico e Bambino”, che nasce proprio dalla penna di pediatri che hanno deciso di scrivere indipendentemente sullo sviluppo del bambino. La collaborazione è con l’Associazione Culturale Pediatri (ACP); l’Associazione Italiana Biblioteche (AIB) e il Centro per la Salute del Bambino – ONLUS.

Il bambino ha la necessità di imparare prima a toccare un libro, poi a tenerlo in mano, poi a sfogliare le pagine ed infine magari, imparando a leggere. Il problema è che secondo quanto si legge all’interno di “Nati per leggere”:

La paura del terremoto nei bambini

 Di fronte ad un terremoto così devastante, come quello che ha colpito in queste ore il Nord-Est del Giappone, a dominare è la paura. Terrore dilagante come uno tsunami che lascia paralizzati, scossi e totalmente e nudamente consapevoli della fragilità del vivere, dell’insicurezza e dei pericoli che si annidano nelle viscere della Terra sconvolgendo la quiete di un giorno come un altro con una tragedia immane.

Il dolore, lo sconforto e l’angoscia prendono d’assalto gli adulti, la cui comprensione dell’evento oltre che l’istinto alla conservazione e all’azione spingono prontamente ad una reazione, solidale ed energica, per ricostruire e ricominciare, una forza innata ed impensabile che smuove al ritorno alla vita, al riemergere dalle macerie. Per i bambini, che spesso subiscono l’evento passivamente, sconvolti dalle reazioni di panico dei genitori, sprovvisti inizialmente di protezione emotiva, la paura del terremoto può tormentare ed angosciare per anni ed anni dopo il sisma.

Ansia, solitudine e vita sociale compromessa per i bambini che soffrono di allergie alimentari

 Convivere con una malattia cronica, come lo è ad esempio il diabete, non è semplice per nessuno. La qualità della vita è fortemente minata dallo scandire della terapia e le ripercussioni sulle relazioni sociali possono essere piuttosto pesanti. Non va meglio a chi soffre di allergie alimentari che vive con l’ansia costante di incappare nei cibi assassini e vede l’atto di nutrirsi come un pericolo per la propria vita.

I bambini, in particolare, soffrono maggiormente per le privazioni, non completamente comprese e dunque ancora più dure da tollerare. Una festa di compleanno di un compagno di scuola piuttosto che un’uscita al ristorante o una ricorrenza in cui si consumano leccornie proibite, possono trasformarsi in un incubo per i più piccoli e per i loro genitori, che vivono con il terrore continuo di shock anafilattico.

Influenzare i piccoli per renderli ottimisti

 

L’ottimismo è il profumo della vita” diceva Tonino Guerra in un noto spot. Questa frase è sicuramente rimasta come un must nelle nostre teste, quello che però non tutti sanno è che l’ottimismo si impara da piccoli.

A dimostrarlo uno studio condotto da un gruppo di ricercatori australiani dell’Università di Melbourne  e del Royal Children’s Hospital coordinati dal dottor Patton e pubblicato sulla rivista Pediatrics. Ogni individuo, ogni giorno deve scegliere con quali occhi guardare il mondo e di conseguenza rendersi la giornata positiva o positiva.

I bambini? Dei piccoli saggi

A volte guardando i bambini ci domandiamo se è possibile, anche quando sono molto piccoli,  che contengano in sè la cognizione del bene e del male. Può dunque un bambino di neanche un anno e quindi espressione pura e incontenibile di energia e sete di vita, avere la chiara percezione tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato? Ebbene la risposta è ‘si’ ed arriva dagli USA.

A sostenere questa tesi infatti sono gli psicologi dell’Infant cognition center dell’Università di Yale (vi è un équipe, una delle pochissime nel mondo che studia la morale dei bambini). Gli specialisti hanno condotto una serie di esperimenti dai quali risulta che i piccini, non solo posseggono un senso morale innato e hanno la capacità di giudicare le azioni altrui ma sono in grado anche di reagire alla bontà e alla cattiveria.

Gli stati ansiosi dei bambini

L’ansia, la potremmo considerare di fatto lo stato o la condizione che deriva dal non poter soddisfare le proprie esigenze, l’origine di tale inquietudine la troviamo nell’infanzia. L’ansia è dunque un tipo di auto-preoccupazione fatta di dubbi e svalutazioni nei propri confronti. Inizia da bambini, quando iniziamo ad osservare il  mondo al di fuori della famiglia.

La scuola fa da palcoscenico alle nostre espressioni vitali, è qui che ci mettiamo a confronto con la socialità, in cui emergono i primi comportamenti inattesi e che il più delle volte, possono compromettere apprendimento e serenità individuali. Vi sono nuove regole da seguire, inizia la competizione e in embrione è quello che determinerà di noi il successo o meno nella società.

Sono diversi i segnali che indicano quando un bambino vive un forte disagio scolastico, come sono diverse le espressioni con cui questo disagio si manifesta nella realtà. A grosse linee, si può dire che insofferenza, intolleranza e iperattività sono la spia di un’aggressività covata e pronta ad esplodere, la timidezza invece fa da muro invalicabile e non consente l’interazione con i propri coetanei e con l’insegnante, mentre la distrazione isola emotivamente dal contesto della classe. 

Vacanze senza bambini: è una buona idea?

Per affrontare con serenità la decisione, è bene ricordare che i genitori hanno bisogno di una vita propria, come coppia e non solo come papà e mamma. I figli sono il frutto di questa vita di coppia, non solo per quanto riguarda la loro nascita. Anche il benessere dei bambini dipende in larga misura dal benessere della coppia e dal suo affiatamento. Una vacanza insieme può essere un’occasione importante per ritrovare i momenti di intimità senza i pensieri assillanti della vita quotidiana con i figli.

Si ritornerà così alla vita familiare con maggiore energia e anche i figli ne trarranno giovamento. Ma per i bambini un allontanamento temporaneo dai genitori, può essere utile anche in modo diretto. Il breve distacco, realizzato in una situazione serena e protetta, li aiuta anzi tutto a vivere una maggiore autonomia, facendo loro toccare con mano la concreta possibilità di fare fronte da soli a molte situazioni nuove. Questo distacco li aiuta anche, sul piano emotivo, a sviluppare meccanismi di difesa utili contro i sentimenti negativi che la distanza dai genitori può provocare.

La sindrome di Münchausen

La sindrome di Münchausen è una patologia in cui il paziente si procura segni e sintomi che erroneamente, in un primo momento, si crede correlati ad altre malattie.
Di solito, il medico con una serie di indagini diagnostiche che escludono la presenza di una patologia fisica, scopre che i sintomi vengono autoprovocati.

Una variante di questa è la sindrome di Münchausen per procura, qui è il genitore che arreca un danno fisico al figlio per attirare l’attenzione su di sé. La responsabile di solito è la madre.

Questa sindrome è stata evidenziata piuttosto recentemente, risale infatti al 1977  la prima diagnosi.
Accade purtroppo che pur di provocare i sintomi ai bambini, vengano somministrate tali sostanze dannose che l’indagine diagnostica e gli accertamenti in taluni casi, diventano estremamente invasivi, al punto di provocare un decesso.

Le tristi cifre attestano tale mortalità soprattutto su bambini al di sotto dell’anno di vita. La percentuale è di circa 2 bambini ogni centomila, provocando una mortalità tra il 9 ed il 22%.
Di solito avviene in precedenza della morte di un fratello o una sorella per cause sconosciute.

In tale situazione, è sempre coinvolto un genitore, i sintomi sono aspecifici per qualsiasi patologia, e i medici nel dubbio, tendono ad aumentare gli accertamenti con la difficoltà però di trovare una soluzione diagnostica.

Vacanze in famiglia, 25 spiagge a misura di bambino

 Ormai l’estate è sempre più vicina e molti di noi hanno già iniziato a programmare la vacanza; il web offre questo tipo di informazioni e ci permette di risparmiare tempo e soldi ma non sempre rispecchia la realtà. E’ molto importante evitare problemi anche in vacanza, soprattutto se si parte in famiglia o con bambini piccoli, ecco quindi le 25 spiagge a misura di bambino.

Famiglie allargate, lo studio di Maureen Black

 Nella società odierna il concetto di famiglia appare molto diverso rispetto ad alcuni decenni fa. Ci si sposa sempre più tardi, diminuisce il numero di matrimoni mentre aumenta quello delle convivenze e sempre più persone si ritrovano a vivere nella così detta famiglia allargata; a questo proposito vi riporto un interessante studio coordinato da Maureen Black, dell’Università del Maryland.