Stress lavorativo, i danni li paga il capo

di Valentina Cervelli 0

Stress lavorativo? I danni li paga il capo. Soprattutto se sfocia in mobbing, ma anche se non lo diventa. È questa la recente sentenza della Corte di Cassazione che sicuramente farà discutere.

La Cassazione sullo stress lavorativo

Bisognerebbe comunque ricordare che in caso di mobbing, anche da parte di un dipendente su un altro, è il datore di lavoro a meno di casi particolari a rispondere dei danni riconosciuti. Non ci stupisce quindi che anche per quel che riguarda lo stress lavorativo l’Alta corte si sia regolata in questo modo.

È inutile girarci intorno: il luogo di lavoro, per differenti motivazioni, può diventare scenario di problemi. Lo stress lavorativo può scaturire da diverse cause che sicuramente hanno origine da orari troppo prolungati, squadra di lavoro non idonea. Perché chiamare in causa il datore di lavoro però? La risposta è molto semplice: è lui il responsabile di ciò che accade.

Sia che si parli di un lavoro non compiuto in modo ragionevole, sia di un comportamento non consono della team. Si presuppone infatti che il capo rappresenti una leadership ideale sia per i lavoratori, sia per quel che concerne i progetti lavorativi di per se stessi. E questo significa anche il riuscire a evitare la nascita di situazioni stressanti per i propri sottoposti.

La sentenza della Cassazione, nello specifico, sottolinea che il capo debba agire proattivamente per tutelare la salute del suo dipendente. Il semplice contrasto al mobbing e la sua prevenzione non sono abbastanza. Il caso ha riguardato un dipendente dell’Erap delle Marche, che aveva chiesto un risarcimento  al datore per sofferenze psichiche.

Una richiesta accolta in primo grado e capovolta in sede di Appello ad Ancona nel 2018. La domanda del dipendente era stata rigettata perché mancava “quel comune intento persecutorio che rappresenta un elemento costitutivo del mobbing“. Nel caso specifico secondo la Corte di Appello si potevano chiamare in causa solamente delle carenze di tipo gestionale e organizzativo.

Obbligo di tutela della salute psicofisica del lavoratore

La Corte di Cassazione ha nuovamente ribaltato la sentenza, richiamando l’art. 2087 del Codice civile, che sancisce come l’imprenditore sia tenuto, nell’esercizio di impresa, a mettere in atto tutte le misure ritenute necessarie per la tutela della personalità morale e l’integrità fisica del dipendente.  In base alla legge quindi si rileva una violazione di natura contrattuale che dà modo al lavoratore offeso di ottenere risarcimento per responsabilità proprio dal datore di lavoro.

La salute psicofisica del lavoratore deve avere più rilievo degli interessi produttivi ed economici che scendono in secondo piano rispetto alla tutela e alla prevenzione che devono essere applicate. E di conseguenza il datore di lavoro è responsabile anche mancando il reato di mobbing. Bastano anche dei comportamenti colposi non corretti e originanti stress lavorativo.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non verrà pubblicato.

You may use these HTML tags and attributes: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>