I traslochi sono una fonte di stress per i bambini, e non solo per gli adulti. Cambiare casa durante l’infanzia non è un’esperienza sempre positiva, anzi, rischia di sviluppare cattive condizioni di salute durante l’adolescenza e di conseguenza, in età adulta. A sostenerlo, è una ricerca pubblicata sul Journal of Epidemiology e Community Health.
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I bambini stressati sono più a rischio obesità
E’ bene che i bambini e i ragazzi crescano in un ambiente sano e sereno, per il loro benessere sia psicologico che fisico. Una ricerca della Cornvell University sembra infatti dimostrare l’esistenza di un legame tra lo stress subito da bambini, per motivi come problemi familiari o povertà, e la possibilità di diventare obesi durante la crescita.
La vita di coppia può dipendere dall’infanzia
La vita sentimentale e di coppia dipenderebbe dall’infanzia, e in particolare dal rapporto con la madre. E’ quanto sostiene Jeffry A. Simpson, psicologo e autore, insieme a W. Andrew Collins e Jessica E. Salvatore dell’Università del Minnesota, di una ricerca pubblicata sulla rivista “Currents Direction in Psychological Science”.
Secondo il dottor Simpson, infatti, il rapporto del bambino con la madre nei primi 12-18 mesi di vita potrà essere determinante anche svariati anni dopo, nei rapporti sentimentali. E’ già del resto noto, in ambito psicologico, che quanto ci accade durante l’infanzia influenzerà la nostra vita da adulti.
Figlio unico, è un bene?
Assistiamo e da un pò ad uno dei cambiamenti sociali più evidenti dell’ultimo secolo e che investe la famiglia. Abituati fino a trent’anni fa ad un parentado esteso e alla struttura patriarcale, ci ritroviamo sempre più spesso oggi ad una di tipo “nucleare”, composta di pochi elementi. Infatti il numero dei figli per famiglia si è notevolmente ridotto e oggi è facile riscontrare che sempre di più coppie che decidono di avere un solo figlio, con il proposito evidente di poter curarlo con maggiore attenzione e rispondere meglio ad ogni suo bisogno.
A tutt’oggi non è possibile però ottenere un oggettivo punto di vista sul positività o meno dell’essere figli unici come del non esserlo e la risposta è semplice: il figlio unico non può naturalmente sapere cosa signichi avere dei fratelli, così come chi li ha non può comprendere fino in fondo come ci si senta ad essere figlio unico.
Del resto entrambe le condizioni presentano vantaggi e svantaggi, a seconda dell’età di riferimento.
Nell’infanzia, le “opportunità” che normalmente sono attribuite alla condizione dell’ essere figlio unico sono nella maggiore attenzione che spesso questi ricevono dai genitori e dai parenti. Da ciò ne deriva anche una serie di vantaggi materiali.
Questa è la ragione per cui alcuni considerano la condizione del figlio unico come quella di “bambino viziato“, mentre in realtà a renderlo tale sono esclusivamente i genitori. Il gap dell’ essere figlio unico nell’infanzia, è dato dal fatto che se la famiglia non è monoreddito ed entrambi i genitori lavorano, il bambino sarà affidato alle cure di altre figure di riferimento, come i nonni o i baby sitters. Se da una parte, il confronto con le persone adulte lo matura precocemente e ne migliora la ricchezza del vocabolario, è pur vero però che la mancanza di contatti costanti con i propri coetanei, priva questo bambino di fondamentali esperienze comunicative e sociali che hanno un peso determinante nello sviluppo emotivo e cognitivo. Per questo è molto importante inserirlo al più presto al nido.
La diffidenza ti allontana dagli altri
Quante volte ci siamo chiesti di qualcuno se gli si potesse concedere la nostra fiducia, se non ci stesse invece mentendo o ancora se davvero c’avrebbe sostenuto in quel nostro progetto, idea o confronto.
La diffidenza è un misto di ansia e pessimismo e di un evento ci dà la misura del pericolo, di un fallimento. Come sostiene Maura Amelia Bonanno, antropologa culturale esperta di Enneagramma a Lavagna (Ge) “Si tratta di un atteggiamento spesso sproporzionato alla situazione reale, che può inibirci e paralizzarci dal vivere pienamente. Chi è molto diffidente arriva a mettere in dubbio il positivo, a non avere un’attitudine aperta verso il mondo. Anzi, è pieno di pregiudizi”.
L’origine di tale atteggiamento come è intuibile, ha radici profonde nell’infanzia. Un pioniere nell’indagine dello sviluppo infantile e quindi dei comportamenti che condizioneranno il bambino anche da adulto, è stato lo psicanalista americano Erik Erikson che nei primi anni cinquanta con l’espressione “fiducia di base” e “sfiducia di base”, ha definito la fase dello sviluppo che dalla nascita va fino ai due anni d’età, un momento particolare, in cui il bambino avverte la “benevolenza” del mondo, sentendosi accolto.