Perchè lui sì e io no?

Può capitare che un collega considerato non particolarmente brillante riesca tuttavia a fare più carriera di noi. Si tratta certamente di una situazione sgradevole che genera in noi molta frustrazione e ci rende sempre meno ambiziosi. Non facciamoci abbattere così facilmente: scopriamo piuttosto come evitare gli errori che penalizzano il nostro sviluppo professionale.

Riunioni: sai come gestirle?

Non c’è business che non le preveda: le riunioni sono una parte fondamentale del nostro lavoro. Peccato che molto spesso questi incontri si rivelino una grossa perdita di tempo oppure si trasformino in un’arena di persone che litigano senza mai prendere decisioni costruttive. Ancora peggio, non sono rare le occasioni in cui chi partecipa non riesce a nascondere una noia mortale. Come possiamo migliorare?

La sindrome del lunedì

Per la maggior parte dei lavoratori, il lunedì è il giorno più detestato: dopo un weekend spensierato, bisogna infatti ritrovare concentrazione ed entusiasmo per affrontare le sfide professionali della settimana che comincia.

Ma come possiamo trasformare il lunedì in una giornata positiva, capace di caricarci per tutta la settimana?

Difendersi dal mobbing

Il termine mobbing è stato coniato agli inizi degli anni settanta dall’etologo Konrad Lorenz per descrivere un particolare comportamento di alcune specie animali che circondano un proprio simile e lo assalgono al fine di allontanarlo dal branco. Oggi questa parola indica abusi psicologici, e talvolta anche fisici, sul luogo di lavoro, spesso per indurre una persona ad abbandonare volontariamente il proprio posto, senza così dover ricorrere al licenziamento.

Quando il lavoro diventa ossessione: la work addiction

Escono sempre tardi dall’ufficio. Si portano il lavoro a casa. Parlano sempre di carriera. Cercano di trasformare i loro hobby in modi per guadagnare. Odiano perdere anche nello sport. Sono i workaholic, i malati di lavoro. Vittime di una patologia che è difficile percepire, perché non è legata ad abitudini condannate dalla società, ma che può avere conseguenze molto gravi.

Combattere lo stress in ufficio

Secondo uno studio pubblicato dalla “Harvard Business Review” lavorare troppo può essere una pessima scelta, nel lungo periodo. Un anno è il tempo massimo di resistenza per il 50% dei manager uomini e per l’80% dei manager donne all’interno delle multinazionali, con un tempo medio lavorativo di 60-70 ore settimanali. Gli uomini dimostrano dunque una resistenza maggiore rispetto alle colleghe donne, ma dopo non più di 5 anni perdono gli stimoli e la creatività.

Amici o colleghi?

Trascorriamo sul posto di lavoro una gran parte delle nostre giornate. Siamo così a stretto contatto con i nostri colleghi e questa situazione ci porta ad un interrogativo piuttosto spinoso: quanto conviene parlare di sé in ufficio? E quanto possiamo entrare in confidenza con i colleghi?

Una carriera a prova di crisi

Il 2009 è stato un anno difficile per l’economia mondiale: una delle conseguenze più evidenti è stata la forte crescita della disoccupazione. Secondo Confindustria tra il 2008 ed il 2009 sono già stati persi 470 mila posti di lavoro e altri 195 mila sono a rischio tra il 2010 ed il 2011.

Meglio quindi cercare di essere prudenti e di fare il possibile per crearsi una carriera a prova di crisi. Ma, in pratica, quale strategia dobbiamo seguire?

Disoccupati a rischio depressione

Tutte le persone che hanno perso il lavoro corrono il pericolo di ammalarsi di depressione: lo sostiene il professor Francesco Campione, Specialista in psicologia medica e fondatore del centro “Primomaggio”, di Bologna, l’unico per ora ad occuparsi in Italia delle conseguenze sulla psiche di chi per mesi cerca un nuovo impiego.

Aumenta lo stress in ufficio: colpa della crisi

Ben sei lavoratori su dieci confessano di avere percepito quest’anno maggiori pressioni sul posto di lavoro. Le cause di questo disagio? Il timore di perdere il lavoro, la riduzione del personale e la difficoltà nel mantenere alti i livelli di produttività. E in Europa il 61% dei dipendenti è convinto che il peggio debba ancora arrivare.

Il taglio di numerosi posti di lavoro ha inasprito le condizioni di vita all’intero delle aziende: aumenta la sfiducia nei confronti del proprio contesto professionale e per di più cresce la competizione tra colleghi, spesso ricorrendo anche a metodi poco corretti. Chi rimane inoltre deve sopperire ai vuoti creati dai licenziamenti e non osa dire di no per paura di rischiare il posto.