Le persone ansiose sono meno reattive alle minacce?

 Si è finora ritenuto che le persone più ansiose siano anche particolarmente sensibili a tutto quello che avviene intorno a loro, ma una nuova ricerca condotta dall’Università di Tel Aviv sembra dimostrare che, al contrario, esse sarebbero meno reattive degli altri agli stimoli esterni. Tahl Frenkel e il professor Yar-Bar-haim sono giunti a tale scoperta nell’ambito di uno studio più complesso su come il cervello di persone ansiose e di persone non ansiose elabora la paura, misurando l’attività cerebrale dei partecipanti mentre venivano loro mostrate immagini che suscitano ansia e paura. I ricercatori hanno così potuto constatare che il cervello delle persone ansiose sembrava reagire di meno alla vista di tali immagini rispetto agli individui non ansiosi.

Paure irrazionali, perché un asteroide ci spaventa meno di un attentato terroristico

 Paure irrazionali, è proprio il caso di fregiarle di questa etichetta quelle sensazioni di terrore ed ansia che si attivano nella nostra mente per alcuni pericoli che avvertiamo come vicini e minacciosi mentre tralasciano quasi completamente di entrare nel panico e di preoccuparsi per rischi ancora maggiori ma meno tangibili che pure viviamo ogni giorno. Partiamo da una riflessione di Richard Lovett che, dalle pagine di Psychology Today, si chiede come mai temiamo il terrorismo e siamo angosciati da potenziali attentati ma poco ci toccano asteroidi anche piuttosto grandi che sfiorano pericolosamente la Terra ed altri fenomeni naturali.

L’ invidia e la superbia sorelle del disprezzo

 

L’ invidia e la superbia sono sorelle di un unico sentimento dato dal disprezzo verso la realtà esterna e più sottilmente verso il proprio mondo interiore: sentimenti di insoddisfazione sono piuttosto comuni e quando non diventa patologia, malattia, nessuno può dirsi immune da questi.

Sono emozioni forti e che percepiamo in modo negativo e distruttivo e per difenderci, spesso vi opponiamo una strenua difesa.

La mente però difficilmente accetta dei “no” e degli obblighi, reprimendo questo malessere, corriamo il rischio di diventare schiavi di un’ossessione, di ingigantire i timori, provocando a catena altre sensazioni spiacevoli, quali vergogna, senso di inadeguatezza e debolezza.

Il senso di colpa che ci funesta è dato dal fatto che il più delle volte proiettiamo le nostre ombre sugli altri, non riuscendo ad ammettere che queste difficoltà di interazione con le persone e con gli eventi c’appartiene interamente.

La diffidenza ti allontana dagli altri

  

Quante volte ci siamo chiesti di qualcuno se gli si potesse concedere la nostra fiducia, se non ci stesse invece mentendo o ancora se davvero c’avrebbe sostenuto in quel nostro progetto, idea o confronto.

La diffidenza è un misto di ansia e pessimismo e di un evento ci dà la misura del pericolo, di un fallimento. Come sostiene Maura Amelia Bonanno, antropologa culturale esperta di Enneagramma a Lavagna (Ge)Si tratta di un atteggiamento spesso sproporzionato alla situazione reale, che può inibirci e paralizzarci dal vivere pienamente. Chi è molto diffidente arriva a mettere in dubbio il positivo, a non avere un’attitudine aperta verso il mondo. Anzi, è pieno di pregiudizi”.

L’origine di tale atteggiamento come è intuibile, ha radici profonde nell’infanzia. Un pioniere nell’indagine dello sviluppo infantile e quindi dei comportamenti che condizioneranno il bambino anche da adulto, è stato lo psicanalista americano Erik Erikson che nei primi anni cinquanta con l’espressione “fiducia di base” e “sfiducia di base”, ha definito la fase dello sviluppo che dalla nascita va fino ai due anni d’età, un momento particolare, in cui il bambino avverte la “benevolenza” del mondo, sentendosi accolto.