La sincerità paga sempre? Ammettiamolo: è una domanda che in un certo momento della vita ci poniamo tutti quanti. Soprattutto perchè dire la verità in alcuni contesti per quanto ammirevole è senza dubbio di difficile gestione generale.
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Dite bugie e soffrirete di depressione
Chi non ricorda la favola di Pinocchio? Le bugie hanno le gambe corte e mentire non è il migliore dei comportamenti che si possano avere. Soprattutto perché le bugie non portano a nulla di buono, anzi, a volte inaspriscono e peggiorano delle situazioni. A confermarcelo è una recente ricerca dell’Università della Pennsylvania e della Nanyang Technological University of Singapore. Raccontare fandonie è il mestiere di chi è molto insicuro e per mascherare la propria insicurezza decide di aumentare il proprio senso di autostima attraverso delle bugie.
Rimorso, le diverse facce del pentimento tra sincerità e finzione
Le lacrime di coccodrillo saranno meno ingannevoli d’ora in avanti e potremo scoprire se chi sta mostrando, almeno all’apparenza, segnali di pentimento, prova davvero rimorso o piuttosto finge.
Ad aiutarci a smascherare la falsità un recente studio condotto da un’équipe di ricercatori della University of British Columbia e della Memorial University di Terranova (Canada), coordinata da Leanne Brinke.
Una ricerca a dire il vero molto utile per le implicazioni che può avere nelle aule di tribunale, quando un imputato si mostra contrito e chiede perdono, per smascherare intenzioni poco disinteressate.
Le bugie avvelenano le relazioni
Le bugie, ne se sentiamo tante e tutti i giorni, ne diciamo a nostra volta e purtroppo spesso non riusciamo farne a meno. E indipendentemente che queste siano grosse o piccole, “bianche” o terribili, la menzogna fa parte di noi. Perché accade?
Robert Feldman, Professore di Psicologia presso l’Università del Massachusetts, nel suo libro “Il bugiardo nella vostra vita: come funzionano le bugie e cosa ci dicono di noi stessi”, sostiene che mentire oramai è diventata la prassi e ci consiglia d’essere più onesti.
In una intervista al “Time.com”, Feldman afferma che non solo siamo diventati avvezzi alle menzogne ma accade anche senza eccessive riflessioni
Pare che le persone mentano mediamente 3 volte ogni 10 minuti. Addirittura i volontari che hanno partecipato nella ricerca, hanno realizzato d’aver detto bugie e d’averne dette molte soltanto quando si sono rivisti in video. La reazione è stata di incredulità. Come mai? Il fatto è che spesso (per non dire sempre), vogliamo credere ciò che ci fa più comodo e non riusciamo quasi mai a cogliere l’inganno negli altri. Questo accade anche perché nelle persone notiamo di solito elementi incoerenti del linguaggio non verbale, sbagliando ad interpretarlo.
Va smentita anche l’efficacia degli interrogatori. Tra l’altro spesso non siamo molto interessati a comprendere quando gli altri ci dicono bugie. Quando chiediamo a qualcuno come sta e ci risponde “bene”, non abbiamo la volontà di conoscerne le pene segrete e accettiamo senza batter ciglio la prima risposta breve ed esaustiva, quella che infondo ci fa piacere o abbiamo bisogno di sentire.
La nostra poi, è una cultura in cui non è difficile mentire dato che la bugia è accettata di buon grado ed è anche incentivata, il rimorso infatti poche volte fa capolino, dato che l’atto del mentire, non è considerato così grave. Il messaggio che trapela anzi, è che le bugie aiutano e coadiuvano le relazioni sociali. Non dimentichiamo, che se ci verranno a dire solo ciò di cui sentiamo l’esigenza, non sarà facile avere una reale consapevolezza del sé.
Le bugie però adulterano le relazioni e se inizierete a mentire per piccole cose, diventerà nel tempo, facile ed automatico per le grandi.
Con il linguaggio non verbale si comunica di più e meglio
Interpretare, osservare e infine approfondire uno sguardo, arricchisce moltissimo e soprattutto affina la capacità di guardare alle cose, al mondo: offre nuove chiavi di lettura, altri codici.
Siamo tutti bene o male consapevoli che esistono atteggiamenti o comportamenti che ostacolano l’interazione con gli altri, anzi bisogna sottolineare come la comunicazione non verbale risulti di fatto un “codice di controllo” delle “relazioni non verbali”; pertanto è un vero peccato che in questa direzione manchino dei veri e propri studi scientifici.
Chi desidera imparare questo linguaggio, dovrà procedere naturalmente per gradi, cercando di carpirne i significati solo apparentemente celati da “ciò che non si dice”. L’obiettivo che ci si deve porre è il desiderio di allargare, rendere più profonda la conoscenza di sé.