L’elaborazione del lutto: le fasi (parte prima)

Perdere una persona cara è un evento che sconvolge la vita delle persone. Soprattutto quando si parla di relazioni fondanti, ovvero come quella che può instaurarsi tra i genitori e i figli, il lutto genera un dolore molto forte che sarà poi difficile da superare. Dopo la perdita di una persona dalla propria vita ci sono diverse fasi che il “sopravvissuto” attraversa. Innanzitutto, una grande sofferenza non permette subito di poter tornare con facilità alla propria vita quotidiana.

Delusione d’amore, un dolore fisico oltre che psichico

 Le delusioni d’amore fanno male al cuore ed al corpo. Se pensavate che le pene d’amore si limitassero ad un dolore dell’anima, muto e sordo agli stimoli alla vita ed all’allegria provenienti da chi cerca di scuoterci dal nostro torpore sentimentale dall’esterno, l’amara sorpresa, e forse neanche tanto stupefacente, è che essere lasciati, soffrire per amore, tormentarsi per chi ci ha ferito e deluso, fa male sul serio, anche al resto dell’organismo.

Lo rivela un recente studio effettuato da un’équipe di ricercatori americani che ha cercato di far luce sul dolore fisico delle pene d’amore. Il team di ricerca, afferente alla Columbia University, nello studio, pubblicato dalla rivista di divulgazione scientifica Proceedings of the National Academy of Sciences, ha cercato di trovare una risposta a domande sulle ferite sentimentali. A cosa assomigliano? Come ci si sente, dentro e fuori? Cosa si scatena nel nostro cervello quando soffriamo per amore?

L’ invidia e la superbia sorelle del disprezzo

 

L’ invidia e la superbia sono sorelle di un unico sentimento dato dal disprezzo verso la realtà esterna e più sottilmente verso il proprio mondo interiore: sentimenti di insoddisfazione sono piuttosto comuni e quando non diventa patologia, malattia, nessuno può dirsi immune da questi.

Sono emozioni forti e che percepiamo in modo negativo e distruttivo e per difenderci, spesso vi opponiamo una strenua difesa.

La mente però difficilmente accetta dei “no” e degli obblighi, reprimendo questo malessere, corriamo il rischio di diventare schiavi di un’ossessione, di ingigantire i timori, provocando a catena altre sensazioni spiacevoli, quali vergogna, senso di inadeguatezza e debolezza.

Il senso di colpa che ci funesta è dato dal fatto che il più delle volte proiettiamo le nostre ombre sugli altri, non riuscendo ad ammettere che queste difficoltà di interazione con le persone e con gli eventi c’appartiene interamente.

L’autocritica quando è costruttiva ti rende più forte

Quante volte ci siamo avviliti, boicottati, intimati la resa “Non ce la farai mai anche se ti impegni, non puoi riuscire”. Innumerevoli volte ci siamo ripetuti frasi come questa, può capitare ma non indugiamoci. L’ autocritica svalutativa è uno di quei meccanismi psicologici che se intervengono spesso nella nostra vita diventano motivo di depressione. L’ argomento è stato affrontato nel 2004 da un gruppo di psicologi inglesi, guidati da Paul Gilbert della Mental Health Research Unit del Kingsway Hospital di Derby, e pubblicata sul British Journal of Clinical Psychology. Lo studio evidenzia come questo tipo di autocritica, crei delle dolorose spaccature nella psiche, perché se è vero che una parte di noi ci allontana ansiosamente da una situazione di cui ne paventa (quasi sempre in maniera ingiustificata ) il “pericolo” , dall’altra sussiste – dato che è insita nell’uomo – la volontà e il desiderio di superare un proprio limite. La scelta finale sarà determinata dal confronto/scontro di queste due istanze che ne determineranno l’azione o l’inerzia. Per dare un’idea di questo meccanismo, soprattutto in coloro che soffrono di depressione, alcuni ricercatori hanno applicato la tecnica del role-playing che mostra come il conflitto esploda in maniera evidente. E’ una sorta di psicodramma in cui viene utilizzata la “tecnica delle due sedie” su cui i pazienti sono invitati ad accomodarsi. Una volta occupata la prima, dovranno comunicare le autocritiche svalutative mentre sulla seconda, manifestare il desiderio di riuscita e resistenza. Il conflitto interiore in questo modo si palesa e talora anche molto violentemente: è per i terapeuti è il momento ideale per intervenire e lavorare successivamente sullo sviluppo della capacità di “promozione”, arrivando a contrastare la profonda incapacità e realizzarsi positivamente. Naturalmente non tutte le forme di autocritica sono dannose, anzi la capacità di analisi profonda del sé è – per chi la possiede – una grande risorsa ma non deve tralasciare la propria implicita funzione costruttiva, un atteggiamento responsabile offre la reale possibilità di non ripetere gli errori, quella che invece è perpetrata con disfattismo e vittimismo, oltre a creare un’intensa frustrazione e infelicità, tende a reiterare atteggiamenti sbagliati, ci riduce all’impotenza e alla rabbia.