Altro che antidolorifici: ridete!

Lo diceva anche Charlie Chaplin: ridere fa bene. Per il grande comico la risata funge come un tonico, un sollievo, un rimedio per attenuare il dolore. Oggi, dalla teoria si è passati alla pratica. Infatti, secondo uno studio britannico dell’Università di Oxford, ridere è importante per aumentare la propria soglia del dolore.

Perché avere sempre ragione non serve

 Spesso, nelle coppie, tra amici, a lavoro, e persino in banali discussioni in fila alla cassa perdiamo più tempo a capire chi ha ragione che a facilitare una soluzione pacifica del diverbio, perdendo di vista l’obiettivo primario della comunicazione che è quello di capirsi o comunque di ottenere qualcosa di ben più concreto di un riconoscimento privo di valore effettivo. Cercare di predominare sulla posizione assunta dagli altri aiuta invece a creare ulteriori malintesi. Istintivamente, infatti, chi viene attaccato si pone sulla difensiva e sciorina le sue di ragioni, il che ancora una volta allontana dalla soluzione e persino dal motivo per cui era iniziata la discussione.

Tolleranza e multiculturalismo, diverso da chi?

 Quando etichettiamo qualcuno come diverso, dobbiamo chiederci ma diverso da chi, da cosa, da quale regola? Il concetto di normale da cosa e da chi è stato stabilito e soprattutto a scapito di quali libertà qualcuno si è arrogato il diritto di stabilire cosa rientri nei canoni giusti e cosa rappresenti una deviazione, uno scarto dalla norma? A dispetto dell’invito alla tolleranza come unica strada di apertura verso una convivenza pacifica, una società improntata al multiculturalismo, alla coesione non di una normalità affiancata da tante minoranze “sopportate” ma di tante diversità tutte uguali, si sta deviando nuovamente e pericolosamente verso il vicolo cieco di un noi, gli ugualmente normali, contro loro, i diversi, quelli che se gli va male sono emarginati, se invece siamo clementi ne tolleriamo la presenza (ma che buoni!).

Pregiudizi, radici evolutive da sconfiggere con la tolleranza

 I pregiudizi nei confronti di gruppi sociali che reputiamo diversi da noi, quella tendenza innata ad instaurare un rapporto di contrapposizione del tipo noi contro loro, hanno radici lontane. Alla ricerca dei pregiudizi perduti si è messa un’équipe di ricercatori di Yale, scoprendo che anche i nostri cugini primati hanno questa tara di percepire chi è diverso come necessariamente in contrapposizione.

La psicologa Laurie Santos ha dimostrato, servendosi di una serie di ingegnosi esperimenti, che anche le scimmie trattano gli esemplari estranei al loro gruppo di appartenza con lo stesso sospetto e la stessa avversione che spesso si osserva nelle prime interazioni degli esseri umani con gli altri.