Lo stress patologico, il distress, quello stato di tensione eccessiva, quella risposta all’impegno frustrante che porta a disfunzioni dell’equilibrio psicofisico. Chi è più esposto? La lista delle professioni più a rischio è lunga al punto che risulta inutile tentare di stilarla. Quando si pensa allo stress da lavoro viene immediatamente in mente un operaio che lavora in una fabbrica a ritmi incessanti e martellato dai rumori. Eppure, non tutti sanno che insegnanti e medici sono esposti ad un rischio di stress da lavoro altrettanto rilevante.
D’altra parte, i fattori che provocano stress possono insorgere in qualsiasi tipo di lavoro e riguardare l’impiegato di uno sportello esposto alle continue lamentele dei clienti piuttosto che un imbianchino sottoposto continuamente a turni assurdi per via dei tempi di consegna impellenti di un lavoro. Oggi però parliamo di fattori di stress meno specifici ovvero dell’esposizione al rischio, più o meno accentuata, di due categorie: i disoccupati ed i precari. Chi è più stressato?
A chiederselo un recente studio condotto dall’Università di Canberra, in Australia. I ricercatori hanno esaminato la salute mentale dei lavoratori seppur con contratti flessibili paragonandola a quella di chi non aveva affatto un’occupazione, né fissa né saltuaria.
Dal punto di vista della serenità, non è affatto vero, almeno stando alle conclusioni di questo sondaggio, che avere un lavoro precario sia sempre meglio di non avere affatto un lavoro.
A rispondere sul tema un campione di 7 mila australiani, invitati a compilare un questionario a punti. Dai risultati, gli autori hanno evinto che chi passa da disoccupato ad assunto a tempo indeterminaato guadagna ben 3 punti di salute mentale, mentre chi passa dalla condizione di senza lavoro ad un’occupazione precaria perde ben 5,6 punti.
Interessanti sono le potenziali applicazioni che potranno avere i dati raccolti da questo sondaggio sull’impatto psicologico del precariato, in quelle che sono le politiche lavorative del Governo.
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[Fonte: Medicinalive]
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