L’arteterapia si è rivelata utile per aiutare i parenti delle vittime e chiunque rimase traumatizzato dall’attacco dell’11 settembre 2001 alle Torri Gemelle di New York, un attentato terroristico che ha lasciato molte ferite aperte, radendo al suolo non solo i due grattacieli ma anche le certezze, le sicurezze e i valori del multiculturalismo della società americana. Ne parla, ricordando quei giorni, a dieci anni da quella terribile data, la dottoressa Cathy Malchiodi, psicologa americana, esperta di art therapy, autrice di The Art Therapy Sourcebook.
Dopo l’attentato la Malchiodi si ritrovò a curare numerosi casi di stress post-traumatico, aiutando numerosi bambini a comunicare le loro emozioni su quanto accaduto con i disegni, una tecnica che fu particolarmente utile con i figli delle vittime, gli orfani di uno o entrambi i genitori morti nell’attentato. Un metodo di espressione delle paure, del dolore, del terrore provato che fu talmente efficace per buttare fuori le emozioni negative e farci i conti, dargli un senso, da essere ricordato persino da Hillary Clinton in quei giorni che sottolineò, in un discorso, il valore di questa forma di intervento psicologico per aiutare i più piccoli ad affrontare la perdita, la paura, la violenza dell’attentato.
Quando subiscono un trauma i bambini lo disegnano, è un modo per riportare le paure su di un foglio bianco, materializzarle all’esterno. Tanti i disegni raccolti in quei giorni nelle scuole, molti avevano per soggetto gli aerei che si schiantavano sulle torri, altri, invece, esorcizzavano le immagini di morte e distruzione viste in tv e per loro incomprensibili, ovvero le drammatiche sequenze delle persone che si lanciavano dai grattacieli per sfuggire alle fiamme e farla finita quando ormai sapevano non c’era più via di scampo.
I bambini che si sono ripresi prima dal trauma sono quelli che hanno disegnato anche figure di soccorritori, mentre quelli nei cui disegni mancavano completamente presenze di sostegno ed aiuto nella risoluzione dell’emergenza sono i piccoli pazienti che hanno fatto più fatica a riprendersi.