Manca ancora qualche settimana all’inizio del nuovo anno scolastico e per molti genitori si profila all’orizzonte la classica avversione dei bambini per il ritorno tra i banchi. Se vostro figlio non ama andare a scuola non necessariamente è colpa vostra piuttosto che dell’insegnante o di questo o quel compagno di classe, questa o quella materia odiata. Né c’è qualcosa che non va in lui. Probabilmente sta benissimo, anzi. A dirlo la dottoressa Judy Willis, insegnante e neurologa americana, autrice di numerosi saggi sull’educazione e l’apprendimento, tra cui How Your Child Learns Best: Brain-Based Ways to Ignite Learning and Increase School Success.
L’avversione verso un ambiente altamente stressante per l’equilibrio psicofisico qual è quello della scuola oggi è il sintomo di un corretto funzionamento del cervello del bambino. Si tratta di una sorta di istinto di protezione messo in campo dalle sue facoltà mentali per tenere lontane le fonti di ansia e stress. Un’antipatia del tutto naturale, dunque, non c’è da preoccuparsi se un bambino non corre entusiasta al suono della campanella.
Oggi poi gli standard sono molto più elevati, la presenza continua di esami, test, sempre più difficili, e la competizione, il gran numero di materie da studiare, programmi lunghissimi ma poco tempo a disposizione per svolgerli, tutto questo appesantisce l’esperienza della formazione sfiorando livelli non sempre tollerabili da un cervello avido di informazioni, certo, qual è quello dei bambini, ma spesso non abbastanza allenato ad una mole di dati che può confondere se non somministrata alle giuste dosi, sia temporali che quantitative.
La scuola per molti bambini sta diventando una sorta di alimentazione forzata, spiega l’esperto. Senza contare che spesso le attività ricreative, l’arte, la musica, i lavori di gruppo, le gite, il cinema, insomma il lato divertente della didattica è stato penalizzato per far posto a chili di teoria su teoria e percorsi di apprendimento standard, moduli da seguire e rispettare, scadenze, cose da sapere ad ogni costo ed altre da tralasciare malgrado magari siano quelle in cui il bambino si sente più portato.
Non c’è da stupirsi, dunque, se eliminato l’aspetto ludico ed interattivo, il bambino non trovi più tanta motivazione per andare a scuola. Inoltre, lezioni noiose e non coinvolgenti, fanno sì che il cervello si spenga e molti studenti si distraggono, sono altrove pur non soffrendo di alcun disturbo se non appunto manifestare apertamente cosa provano: disinteresse, noia, apatia. Fortunatamente ci sono ancora molti, moltissimi insegnanti che, malgrado le scarse risorse a disposizione, e la scuola italiana, ahinoi, ne sa qualcosa, riescono a rendere le lezioni coinvolgenti e divertenti, mettendo in campo creatività, originalità e stimoli nuovi che facilitano l’apprendimento, evadendo dagli schemi rigidi imposti dal sistema scolastico odierno. Generalmente, le lezioni in cui si interagisce, all’aperto, i laboratori, gli approfondimenti audio e video, e tutte le modalità più vivaci di insegnare riscuotono un enorme successo tra gli studenti e ottengono risultati più duraturi, imprimendo meglio i concetti nella memoria dei bambini perché si richiamano in gioco tutte le facoltà sensoriali: uditive, visive, tattili.