Esiste un’aggressività evidente, palesata nei gesti, nelle parole, nel comportamento, nel modo di agire e di rapportarci con chi ha scatenato la nostra rabbia e che non lascia adito a dubbi: stiamo agendo in maniera decisamente poco conciliante. Ma c’è anche un altro modo di manifestare il nostro risentimento nei confronti di qualcuno, ad esempio quando, per ragioni legate alla diplomazia, non possiamo esprimere apertamente quello che proviamo. L’aggressività, in questi casi, si fa latente e trova sempre il modo di uscire anche se non è più facilmente individuabile. E’ un’aggressività passiva che può essere veicolata persino da un sorriso.
Ne parla la sociologa Signe Whitson, autrice di due volumi sulla rabbia: How to Be Angry: An Assertive Anger Expression Group Guide for Kids and Teens e The Angry Smile: The Psychology of Passive Aggressive Behavior in Families, Schools, and Workplaces, quest’ultimo alla sua seconda edizione, dato l’enorme successo che ha riscosso.
L’esperta individua cinque livelli distinti, in ordine di intensità, di aggressività passiva:
- Il soggetto finge di rispondere assertivamente alla richiesta dell’altro ma solo verbalmente perché poi agice incoerentemente. Un esempio pratico? Quando qualcuno ci dice di sbrigarci e rispondiamo “Si, arrivo subito” ma nel frattempo rallentiamo il passo e perdiamo volutamente altro tempo.
- Inefficienza intenzionale. Il soggetto si assume la responsabilità di un compito che svolgerà volutamente male, senza alcun impegno, anzi si impegnerà a fare un disastro. Ad esempio, quando chiediamo a qualcuno che non ha voglia di aiutarci di riordinare ed inizia volutamente a fare confusione di modo che verrà esonerato dal compito.
- Lasciare un problema volutamente irrisolto e non farne parola pur sapendo che creerà disagio ad un’altra persona. Ad esempio, il figlio che usa l’auto dei genitori e non fa il pieno pur sapendo che il giorno dopo i suoi faranno tardi a lavoro se saranno costretti a fermarsi a fare rifornimento di benzina.
- La vendetta. Di nascosto, ma ben cosciente, il soggetto passivo aggressivo sceglie di sabotare qualcuno. E’ lo stadio aggressivo tra i più controproducenti. Ad esempio, sabotare la presentazione di un collega che si ritiene sia stato promosso immeritatamente.
- L’autodistruzione. E’ il livello decisamente più grave e patologico dell’aggressività passiva. Ad esempio, una ragazza che si tinge i capelli di blu prima di un colloquio per entrare in collegio, o ancora che diventa anoressica per ribellarsi ad un padre troppo esigente.
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