Concentrazione, quel focalizzare l’attenzione su un obiettivo, un compito piuttosto che una semplice conversazione, un requisito indispensabile per il successo. Eppure spesso ci sorprendiamo a smarrirci in un mondo estraneo a quello reale o al contrario andiamo alla ricerca del proprietario dello sguardo fisso perso nel vuoto che ci troviamo davanti. Dove andiamo e perché non riusciamo a rimanere ancorati alla realtà? Lo spiega un recente studio effettuato da Daniel Gilbert, autore di Stumbling on Happiness, e Matthew Killingsworth.
Pensate che la nostra mente vaga ed inserisce una sorta di pilota automatico per il 49,6% del tempo, quasi la metà del totale, una percentuale sorprendentemente alta al punto che questo estraniarsi, viene da pensare, deve necessariamente essere in qualche modo utile alla nostra mente, allo stato d’animo. E invece no, perché secondo i dati raccolti dalla ricerca, effettuata su un campione di 2.250 persone, questa attività di nomadismo cerebrale, nella maggior parte dei casi, non ci rende affatto felici.
A far stare meglio, al contrario, sono il lavoro, l’attività fisica, il sesso, conversare e addirittura semplicemente riposare, ma non vagabondare con la mente. Molte tradizioni spirituali invitano a concentrarsi sul momento, sul presente e non è un caso perché inserire il pilota automatico può condurre a distrarsi, a non godersi la vita perché si tende a rimuginare sul passato o ad immaginarsi il futuro.
Un esempio pratico: se il cervello è attivato sul presente riusciamo a gioire della brezza marina mentre siamo seduti sulla spiaggia piuttosto che a focalizzarci su un compito che dobbiamo portare a termine. Al contrario lasciare che la mente divaghi può portarci a pensare al futuro (cosa farò domani, cosa devo preparare stasera per cena, come reagirò se succederà questo piuttosto che quello), o peggio a rimuginare sul passato. In ogni caso ci allontana dal presente, da quegli obiettivi a breve termine che sono parte determinante del percorso. Meglio dunque dire noi al nostro cervello a cosa deve pensare, su cosa deve concentrarsi e dove andare, il pilota automatico può farci smarrire la strada, portarci a non osservare, per memorizzarlo, quello che stiamo incontrando in quel preciso istante sul cammino, proprio come fa un navigatore satellitare!
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