La dipendenza affettiva è stata discussa da molti autori come il così detto “mal d’amore” o meglio “intossicazione d’amore”, o meglio ancora “droga d’amore”. Questa patologia è una forma di dipendenza a tutti gli effetti, e come tale va presa, non nascosta e curata soprattutto con l’aiuto di chi ci è vicino. Per questo motivo, di ordine psicologico, ci conviene cominciare a fare però alcune distinzioni importanti onde evitare di compiere un errore lessicale e far diventare patologico anche un momento particolare transitorio della vita dell’individuo. Infatti, ci sono delle fasi di dipendenza affettiva nella vita di una relazione che sono normali e non vanno curate.
La dipendenza affettiva, viene indicata solitamente come una sofferenza legata ad uno statu affettivo nei confronti di un oggetto d’amore che non è disponibile oppure che non ci da la stessa quantità d’amore, intesa anche come fiducia, stabilità, serenità ed enfasi affettivo.
La conseguenza che può essere celata in questo “amore” non corrisposto, porta solitamente a sensazioni di delusione, di rifiuto e di mancanza di fiducia nella reciprocità, con conseguente abbattimento dell’autostima per una sorta di ferita narcisistica che si viene a creare al nostro interno. La dipendenza affettiva che porta al mal d’amore maggiore è sicuramente quella passionale, legata alla relazione d’amore. Questa ad esempio è una di quelle fasi normali, non patologiche che quindi deve attraversare ogni individuo, all’inizio di una nuova relazione, nel momento in cui non c’è ancora stabilità e non ci sono dei punti sicuri sul rapporto.
Al contrario esiste anche l’intossicazione d’amore, che è una tendenza di comportamento che sembra coincidere con la dipendenza affettiva, ma che invece è l’espressione della gelosia possessiva, cioè, una assenza cronica da parte di uno dei due individui che instaurano il rapporto d’amore, che crea nell’altro desiderio innato di controllo per tenere legati a se e creare la dipendenza affettiva.
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