Dire di no a bilanci improvvisati: questa dovrebbe essere la regola madre per tutti coloro che, spinti da pressioni o aspettative, iniziano a quantificare quello che sono riusciti a raggiungere in un determinato periodo. Se non ci si vuole gettare da soli nell’abisso della depressione, meglio lasciar stare.
E questo perché in alcuni casi non vi è peggior giudice per poter giudicare che se stessi. Quello che l’essere umano fallisce di capire, nonostante il suo essere più intelligente, è che difficilmente si sarà soddisfatti della propria vita guardando al passato: esisterà sempre una condizione migliore di quella in cui si è o una parola che detta in un determinato momento potrebbe dare l’idea (non sempre corretta, N.d.R.) che le cose, qualsiasi cosa, sarebbe potuta andare diversamente. Il problema è che si tratta semplicemente di un condizionamento mentale nel quale si cade e piuttosto che tentare di vivere la realtà che si ha, affrontandola, è più comodo crogiolarsi su un vittimismo che rischia di divenire patologico se non approcciato.
L’autocompatimento non ha mai portato a nulla. E quello derivante da bilanci improvvisati ancor meno. La vita offre delle carte ed a noi sta scegliere quelle giuste per muoverci: non importa quanto tempo ci vorrà, l’importante è sempre andare avanti. E se si vuole fare un bilancio, è necessario imparare a dare la precedenza a quel che di positivo si è fatto, ricordando che non si è all’interno di una gara per decretare chi va meglio o chi va peggio, ed esser fieri di ciò che si è fatto.