Emarginazione dal gruppo, esclusione dalla vita sociale, episodi di intolleranza: quanto fanno male in chi li vive? Spesso lasciano cicatrici indelebili, un dolore sordo nell’anima che è più vivido di un trauma fisico. Ne parla il dottor Kipling D. Williams, docente di scienze psicologiche alla Purdue University:
Essere esclusi rientra in una forma invisibile di bullismo che non lascia lividi, e quindi spesso se ne sottovaluta l’impatto.
L’esclusione può avvenire ad ogni età. Si può essere esclusi dai compagni di asilo, dagli amici del liceo, dai colleghi d’ufficio e persino dai membri della propria famiglia. Secondo quanto afferma l’esperto, l’emarginazione può raggiungere un livello insopportabile e l’impatto sulla psiche può essere duraturo nel tempo, con sentimenti dolorosi che si trascinano per anni e anni. Cicatrici di cui bisogna essere consapevoli e che vanno tenute in considerazione dagli specialisti quando si soppesano eventuali fattori di rischio della depressione ed esperienze negative.
Ma cosa avviene nella nostra mente quando veniamo esclusi? A livello cerebrale, ad essere implicata è la corteccia cingolata anteriore, ovvero quella che avverte il dolore fisico. Ecco perché il disagio sociale fa male, nel vero senso del termine. Il processo di emarginazione consta di tre fasi:
- L’esclusione vera e propria, ovvero l’episodio scatenante, l’atto di essere ignorati o emarginati.
- La fase di coping, vale a dire il far fronte a quanto sta avvenendo.
- La rassegnazione.
Essere esclusi, spiega Williams, è doloroso perché minaccia i bisogni umani fondamentali, come l’appartenenza e l’autostima. Le reazioni all’esclusione sono intense e fanno male anche quando si viene messi da parte da uno sconosciuto o quando l’esclusione dura per un lasso di tempo breve.
Quando vengono escluse, le persone cercano di reagire, provando ad inserirsi e ad attirare l’attenzione degli altri, nella speranza di farsi notare ed accettare. Tuttavia, quando falliscono e l’emarginazione si protrae da molto tempo entra in gioco la rassegnazione:
Aumentano la rabbia e la tristezza, e l’ostracismo a lungo termine può provocare alienazione, depressione, impotenza e sentimenti di inadeguatezza.
In alcuni casi dall’emarginazione nascono comportamenti violenti, specie quando persone vittime di intolleranza si uniscono in un gruppo.
[Fonte: K. D. Williams, S. A. Nida. “Ostracism: Consequences and Coping”, Current Directions in Psychological Science]
Anonimous 24 Gennaio 2015 il 13:23
Salve,
ho letto l’articolo. Mi è sembrato di capire che il processo di emarginazione è divisa in tre fasi:
1. L’esclusione vera e propria, ovvero l’episodio scatenante, l’atto di essere ignorati o emarginati.
2 La fase di coping, vale a dire il far fronte a quanto sta avvenendo.
3 La rassegnazione.
Inoltre Lei ha scritto che la vittima reagisce cercando di conformarsi al gruppo ma senza successo.
Io sono un adolescente e vorrei parlare della mia vicenda personale: la “goccia che ha fatto traboccare il vaso” è stata la mia SOLA esclusione ad una festa. Io mi sono arrabbiato molto e senza capire neanche il motivo del perché non sono stato invitato, ho reagito. La mia reazione, sembrerà stupido, ma è stata quella di rimanere (più o meno) uguale a prima ossia un po’ anticonformista (di nascità, non forzato). Ancora oggi sono nella fase 2, la reazione, ed ancora oggi sono incazzato e non so proprio come fare. Non vorrei rassegnarmi, anche se preferisco stare da solo che evitare quell’ammasso di stronzi, e quindi Le chiedo se Lei può darmi qualche consiglio(anche solo per ricevere un solo invito e per non sentirmi un fantasma che non conta un cazzo).
Mi scusi per le mie volgarità ma il mio piccolo cervello non è ben in grado di definire questa situazione con parole normali.
Cordiali saluti,
Aspetto Sue risposte.
Anonimous