La Facebookmania impazza, in alcuni casi sconfina, se non si riesce a fare a meno del popolare social network, aggiornando ogni due secondi lo stato e vivendo letteralmente ed esclusivamente sulla propria bacheca, e diventa dipendenza.
Oltre ad invadere la privacy se uno vuole farsela invadere, sottinteso, altrimenti ci sono strumenti per gestire al meglio la condivisione, la fissa per Facebook può influire anche su altre scelte della vita, più o meno importanti. Un esempio? La scelta del nome da dare ad un figlio.
Sta facendo scalpore la vicenda di una coppia di coniugi, Lior Adler, 37 anni, e sua moglie Vardit, 35 anni, che ha deciso di dare alla propria bambina il nome del pulsante Mipiace proprio in onore di Facebook. La bimba si chiama Like e speriamo che da grande piacerà anche a lei questo nome altrimenti potrebbe ignorare la richiesta di amicizia dei genitori! Scherziamo, ovviamente, ognuno è libero di chiamare suo figlio un po’ come gli pare ma dare ad un neonato il nome di un pulsante, di una funzione, sta facendo comunque discutere. Voi che ne pensate?
Certo è che Facebook è da sempre nel mirino di psicologi, educatori, medici. Il profilo degli altri, troppo pieno di consensi e amicizie, dicono potrebbe minare addirittura l’autostima. C’è chi sostiene il contrario, ovvero che la rafforzi ma solo nelle donne. I social network diffondono malattie, incitano a pratiche pericolose, le persone non si vaccinano e non dormono più per colpa di Facebook, c’è un traffico illegale di organi, causa depressione ecc ecc. Insomma, ognuno dice la sua ed in molti casi le relazioni della rete vengono demonizzate, etichettate di serie B rispetto alla socialità reale.
E’ quello che avviene di fronte ad un cambiamento così radicale nei rapporti, una rivoluzione sociale che annulla le distanze, veicola solidarietà, interessi, cause comuni in un nanosecondo: una reazione di rigetto, il vecchio che sconfessa il nuovo… sì ma solo finché non impara ad usarlo… rimanere connessi oggi significa non venire esclusi, che ci piaccia o meno ci sta anche chiamare una figlia Like. Tra qualche anno non farà più scalpore e magari i bambini si chiameranno condividi, commenta, pubblica, stato e noi saremo ancora qui, liberi di non condividere e di dire che noncipiace…
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