Halloween, una carnevalata innocua o una festa lontana dalle nostra tradizione, che fa dello spiritismo e del senso macabro la sua ispirazione? Eh si, perché la Chiesa si schiera contro una delle ricorrenze più popolari, soprattutto per i bambini, vuoi per le zucche intagliate, vuoi per l’usanza di indossare costumi spaventosi.
Al di là della fede religiosa, Halloween offre certamente uno spunto interessante per affrontare il tema della superstizione, una sorta di strato più arcaico che sopravvive alle razionalizzazioni della cultura nel tentativo di spiegare il mistero della vita. Dal punto di vista psicologico, infatti, è la risposta funzionale all’ansia esistenziale e al potere distruttivo di forze incontrollabili. La superstizione, perciò, rappresenta un modo antico per esorcizzare l’angoscia che deriva dalla consapevolezza del proprio limite umano e della propria fragilità.
Se ci pensiamo bene, tutti noi siamo più o meno superstiziosi. Molti, ad esempio, credono nei cosiddetti “segni” o nei numeri speciali come il 7, o hanno l’abitudine di gettare il sale dietro le spalle quando si è versato dell’olio, come una specie di antidoto ad un accadimento negativo. Quante persone, invece, vivono con angoscia la rottura di uno specchio, non passano sotto le scale o non attraversano la strada alla vista di un gatto nero?
Ma esistono superstizioni ancora più sottili, come quelle legate al pensiero. Quante volte ci ritroviamo ad aver paura che basti il solo pensare, affinché il pensato accada? Ciò che non vogliamo che capiti non deve nemmeno essere pronunciato, pena l’evocazione di forze del male. Chiaramente, si tratta di un terreno fertile soprattutto per il sistema produttivo. Non accade di rado che la superstizione venga alimentata e strumentalizzata a scopi commerciali. I media, infatti, molto spesso ci mettono lo zampino, è il caso ad esempio, dell’astrologia, dell’oroscopo, senza escludere il gioco d’azzardo, soprattutto quello basato esclusivamente sul caso come la roulette o la lotteria.