Secondo il senso comune, il cervello è la base dei pensieri razionali, mentre il cuore è la base di partenza di tutte le emozioni e tutti quei fenomeni che vengono definiti irrazionali. Oggi vediamo però la relazione che c’è tra il cuore e la mente e quindi delle capacità di emozionarci con il cervello.
Già nel 1995, lo psichiatra Stephen Porges, professore all’Università dell’Illinois di Chicago, parlò della teoria di Polivagale, che spiega come il cuore interviene nelle relazioni sociali e regola il battito cardiaco. Ad influenzare la HRV (Heart Rate Variability), sarebbe quindi questo organo che permette di regolare la nostra capacità di prendere decisioni e controllare lo stress ed altre emozioni. Il basso HRV, porta anche a patologie come la depressione e l’autismo. Il HRV alto, invece, farebbe si della riuscita del riconoscimento delle emozioni altrui.
Nel 2001, sempre il professor Stephen Porges, con il suo team di ricerca, scoprì che nei bambini tutte le relazioni sociali vengono gestite dall’HRV con gli aumenti di frequenza cardiaca…e questo è visibile anche quando i bambini mentono.
Da una nuova ricerca della University of North Carolina condotta da Bethany Kok e Barbara Frederickson, si è visto ancora come il HRV, sia in grado di predire come le persone riescano in due minuti a definire i sentimenti di chi ci è di fronte in maniera visibile oppure invisibile. Le belle soddisfazioni che vengono fuori come sensazioni ed emozioni dalle interazioni sociali, quindi passano per la testa, ma arrivano sempre dal cuore.
Pensare col cuore è una realtà psicologica e proprio l’HRV, con il suo aumento e la sua diminuzione ci da questi input che rende possibile la visione al cuore con gli occhi della mente. Dalle prime scoperte di Stephen Porges, quindi si continua a studiare il rapporto cuore e mente, ed è in corso ad Harvard un’interessante ricerca su questo binomio che sembra essere una buona arma comunicativa per chi utilizza bene i due organi insieme.