Paura, tanta, quella che ha invaso il mondo dieci anni fa a seguito dell’attentato terroristico dell’11 settembre alle Torri Gemelle di New York. Tante le vittime nel crollo dei grattacieli, tutte note, identificate e ricordate come è doveroso che sia quando la vita viene spezzata in due dal fondamentalismo violento, dalla follia degli estremismi. Ci sono numerose altre morti scatenate non dall’attacco in sé ma dalle sue conseguenze sugli equilibri sociali degli USA e non solo, persone uccise, ferite o insultate solo perché di religione islamica che erano nel posto sbagliato al momento sbagliato quando la furia e la rabbia di chi vede crollare il baricentro della sua cultura si è abbattuta su negozi gestiti da islamici, centri culturali, studenti.
Sono le vittime dell’islamofobia, quel terrore dell’altro islamico identificato sempre e comunque come un terrorista, un nemico da cui guardarsi le spalle, una paura viscerale che ha fatto segnare un +1600% dei crimini razziali contro la popolazione musulmana negli USA, circa 5,4 milioni di cittadini statunitensi. Colpisce sugli aerei quando ci sono passeggeri identificati come islamici, ha colpito persino i media quando si è verificato l’attentato di un fondamentalista cristiano in Norvegia qualche settimana fa, una strage sanguinosa inizialmente imputata proprio ai terroristi islamici ma che in realtà era il gesto insano di chi voleva uccidere il multiculturalismo.
Oggi, 11 settembre, vogliamo ricordare tutte le vittime del monoculturalismo perché è questo che si nasconde dietro l’incapacità di accettare le diversità culturali come fonte di ricchezza, bellezza, varietà, vita, l’assurda convinzione che religione, usi e costumi della propria cultura siano migliori di quelli altrui e che tutto il mondo debba adeguarsi a quell’unica visione e convinzione, quella giusta.
Vogliamo ricordare chi è morto in quelle torri perché non era islamico, chi è morto dopo perché lo era, chi continua a morire oggi perché rifiuta di abbracciare le culture altre. Morti che testimoniano, ancora oggi, quanto sia radicato e vivo, purtroppo, quel senso di appartenenza ed identità che supera i limiti della decenza e costruisce un noi contro loro che non farà altro che abbattere i grattacieli, ancora troppo fragili, del multiculturalismo.