Per molto tempo si è creduto che il linguaggio fosse elaborato nella parte posteriore della corteccia uditiva, dove vengono elaborati tutti i suoni, meglio conosciuta come area di Wernicke, dal nome del neurologo tedesco che per primo propose quest’area cerebrale già alla fine del 1800 basandosi sui suoi studi nelle paralisi cerebrali e negli ictus.
Secondo i ricercatori della Georgetown University Medical Center (GUMC), che hanno passato in rassegna oltre 100 studi di imaging, l’area di Wernicke non sarebbe nella posizione descritta dallo studioso. In realtà, l’area deputata all’elaborazione del linguaggio in comprensione sarebbe di circa 3 centimetri più vicino alla parte anteriore del cervello e per giunta sull’altro lato della corteccia uditiva, dunque molto distante in termini di architettura del cervello e funzione.
La scoperta è stata appena pubblicata nella prima edizione degli Atti del National Academy of Sciences (PNAS). Come ha spiegato Josef Rauschecker, autore dello studio e professore nel dipartimento di neuroscienze al GUMC:
La nuova posizione di area di Wernicke corrisponde a quella trovata recentemente nei primati non umani. Gli scienziati hanno a lungo sostenuto che il linguaggio fosse di pertinenza unica agli esseri umani, ma la scoperta suggerisce l’idea che il linguaggio tra le scimmie e quello dell’uomo abbia un’origine più simile di quanti molti pensassero.
Lo studio potrebbe aprire la strada ad approfondimenti clinici in pazienti affetti da danni cerebrali, come ad esempio un ictus, o nei disturbi di comprensione. Gli esperti hanno eseguito una meta-analisi degli studi sulla percezione uditiva del discorso negli esseri umani utilizzando diversi metodi di scansione, dalla risonanza magnetica funzionale alla tomografia a emissione di positroni. I risultati hanno individuato la posizione dell’area di Wernicke nel lobo temporale sinistro, e in particolare nel giro temporale superiore, di fronte alla corteccia uditiva primaria.
Come ha commentato DeWitt:
Dopo gli anni 1990, era già chiaro ad alcuni ricercatori che la parte anteriore del giro temporale superiore era un luogo più probabile per il riconoscimento delle parole. Il punto del nostro lavoro è quello di imporre una riconciliazione tra i dati e la teoria. Non è più sostenibile trascurare o ricusare prove a sostegno di un ruolo centrale della parte anteriore del giro temporale superiore nel riconoscimento uditivo della parola.
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