Non sempre l’ambiente di lavoro è di semplice gestione o accogliente: talvolta il lavoratore rischia di essere vittima di mobbing: vediamo insieme come riconoscere questo fenomeno e come combatterlo in maniera adeguata.
Mobbing diffuso al Nord e tra le donne
È importante sottolineare come il lavoro occupi un ruolo fondamentale nella vita delle persone: esso consente una certa socialità, di guadagnare abbastanza per poter vivere ed essere indipendenti e più in generale si tratta dì qualcosa che occupa in buona parte la giornata della persona, dando vita a situazioni positive e negative a seconda di ciò che accade. Un datore di lavoro degno di questo nome è in grado di creare anche tra i propri dipendenti e con i propri dipendenti un rapporto fatto di equilibrio e sostegno volto al raggiungimento degli ostacoli quando questo non accade si può approfittare il fenomeno del mobbing con tutto ciò che ne consegue.
Di solito questo stato di cose si manifesta con insulti da parte di colleghi e capi, derisione, un generale approccio non caratterizzato da tranquillità e sostegno: qualcosa in grado non solo di rendere invivibile il luogo di lavoro e l’attività lavorativa ma anche capace di influenzare le condizioni di vita della persona una volta tornata a casa. L’Istituto per la Prevenzione e la Sicurezza del lavoro ha eseguito un’indagine che ha scoperchiato il vaso di pandora in tal senso: sarebbero infatti almeno un milione e mezzo i lavoratori italiani vittime di mobbing con una percentuale più alta al nord e tra le donne.
Definizione di mobbing e cosa fare
La definizione ufficiale di mobbing richiama l’aggredire in massa ed è stato creato dallo svedese Leymann e dal tedesco Ege che lo identificarono in un fenomeno di violenza psicofisica e molestia morale sul luogo di lavoro capace di ledere la salute, la professionalità e la dignità del lavoratore. Un comportamento di tipo vessatorio e aggressivo sia in modo verbale che fisico che ha come fine ultimo l’emarginazione e l’isolamento della persona presa di mira, con l’intento di portarla nei casi più gravi ad una dequalificazione professionale e umana.
L’intensità e la durata di questo fenomeno è variabile ed è legato allo scopo che la persona che attua il mobbing vuole raggiungere. Per liberarsene il lavoratore deve avere la capacità di riconoscere il trattamento al quale viene sottoposto e reagire, denunciando chi lo attacca e richiedendo il risarcimento per danno biologico e psichico secondo l’articolo 2043 del codice civile: bisogna ricordare, tra le altre cose, che se riconosciuto è l’INAIL a indennizzare il danno derivante dal mobbing, perché è considerato come malattia professionale non tabellata. Non bisogna avere paura di chiedere aiuto: nel caso l’ambiente di lavoro si faccia inutilmente e inspiegabilmente ostile è bene contattare il proprio rappresentante sindacale e agire di conseguenza, facendosi aiutare.