Oggi parliamo di neurofisiologia. Per chi non lo sapesse, è quello che accade nel cervello nell’ambito del rapporto tra medico e paziente. Ci sono delle fasi che portano a questo processo che solitamente sono standard. La prima sicuramente è quando si cominciano ad avvertire i primi sintomi di una malattia, che subito proseguono con lo start di una terapia per il paziente.
Il cervello del paziente, secondo gli studi di medicina, psicologia e sociologia, è in grado di conservare il dolore ed elaborare il malessere seppur non trascurandolo. Il sentirsi male, quindi, viene “messo da parte”, qualora stiamo svolgendo prestazioni di cui veramente siamo interessati.
Questi segnali che vengono conservati, vengono poi elaborati successivamente nel cervello, ed elaborati dall’insula e dal sistema limbico, parti legate alle emozioni. In questa seconda fase, si cerca l’aiuto del medico. Qui entra in gioco la relazione tra i due soggetti che principalmente deve essere basata su un rapporto di fiducia, e soprattutto innescare in entrambi i lati motivazioni ed aspettative.
Anche Fabrizio Benedetti, ricercatore dell’Istituto nazionale di neuroscienze, ed autore di un libro sull’argomento, ha tenuto a precisare che: “Gli studi di medicina, psicologia e sociologia hanno accertato ormai da tempo che una buona relazione fra medico e paziente produce un effetto positivo sull’esito della terapia”. Questo deve aiutarci a capire che la positività è migliore amica delle cure.
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