Non v’è dubbio, è assolutamente tipico degli italiani, l’abitudine a gesticolare apertamente mentre si parla. E tutto ciò è motivo – a volte molto divertente e a volte un pò meno – all’estero, di prese in giro, motteggi e di ilarità.
Ma per fortuna la psicologia, ‘scienza positivista’ per antonomasia, ci riabilita e ci offre la possibilità di una rivincita.
E’ stato condotto infatti da Pierre Feyereisen dell’ Università di Louvain in Belgio, un test molto interessante che ha saggiato l’importanza del linguaggio del corpo anche in questo specifico aspetto, e così ha preso a campione cinquantanove studenti a cui ha mostrato un video in cui compariva un attore, questi, esprimeva diverse frasi e concetti; ai partecipanti era richiesto un piccolo sforzo di memoria e dunque di ricordarne alla fine il maggior numero possibile.
Cio’ che ne è risultato è che quelle che quelle che rimanevano maggiormente impresse nella mente, erano proprio le frasi sottolineate ed enfatizzate da gesti significativi e diversamente invece accadeva per quelle che non erano corredate da gesti di particolare significato.
Non è quindi la mera presenza di un gesto che definisce e determina la distintività di una frase rispetto all’altra, ciò che consente e contribuisce alla memorizzazione di quanto si dice, è la presenza di uno o più gesti che siano in grado di rappresentare, di “descrivere” e dare dunque colore a ciò che è enunciato nella frase.
Un secondo esperimento inoltre ha eliminato, dalle frasi a cui inizialmente erano associati, dei gesti che sono per cultura, costume, abitudini, dotati di un significato proprio e intrinseco.
Il disallineamento, ha avuto pertanto come condizione imprenscindibile, quella di annullare comunque, il vantaggio mnestico.
Un gesto quindi, si può considerare rilevante ai fini della ricordabilità di quello che stiamo dicendo non necessariamente riguardo il suo significato intrinseco ma esclusivamente se è rappresentativo rispetto al discorso condotto.