A volte li vediamo la mattina presto correre, affannarsi, in realtà ce ne sono tanti che si dedicano totalmente allo sport e che pur avendo superato e abbondantemente i quarant’anni, continuano nonostante tutto a fare movimento e sport a livello agonistico.
Li si può definire tranquillamente atleti master e sicuramente per loro non è improbabile che vi sia il rischio della cosiddetta sindrome di Highlander o dell’immortalità, anche perché – e infondo basta utilizzare il buon senso comune – , troppa attività fisica, un eccessivo sforzo fisico, prolungato nel tempo e portato avanti quando semplicemente per ragioni anagrafiche si è “fuori tempo”, può rivelarsi purtroppo pericolosa, assolutamente non salutare (sia beninteso non fa bene esaurire le proprie energie in modo così “drastico” e faticoso) e in alcuni casi addirittura anche fatale.
Il troppo stroppia e anche se l’ “accanimento” forzato alla gioventù, talora si riveli una tentazione irresistibile, credendo che lo sforzo fisico dia un’opportunità..e pur non sottovalutando la forte fascinazione che esercita e consapevoli che il desiderio di seguirla sia molto forte, bisogna innanzitutto avere equilibrio e consapevolezza dei propri limiti, senza per questo colpevolizzarsi.
È questo in pratica il tema e le argomentazioni su cui ha posto l’accento il professor Paolo Zeppilli, direttore della Scuola di Specializzazione di Medicina dello Sport dell’Università Cattolica di Roma, l’occasione infatti è stata offerta dal meeting “Invecchiamento, apparato cardiovascolare, esercizio e sport“.
I problemi fisici sono dunque molteplici e senza voler creare eccessivi allarmismi, rendersi conto che sono piuttosto importanti : aritmie sotto sforzo e ipertrofie del cuore sono alcuni dei problemi a cui vanno incontro questi ateleti non più giovanissimi e ai quali bisogna fare molta attenzione.
E’ fondamentale dunque nessuna diagnosi “fai-da-te” e per tutelare la propria salute, l’esperto raccomanda molto caldamente, di consultare il medico, il cui consiglio sarà sicuramente di moderazione e di un giusto equilibrio psicofisico per quanto riguarda l’attività agonistica.