La sindrome di Penelope: quel continuo, angoscioso, pacato e rassegnato aspettare che accada qualcosa, che ritorni a casa qualcuno a colmare il vuoto lasciato dagli anni, aperto come una voragine nel petto. Quella triste consapevolezza che invece non accadrà nulla, nessuno busserà più alla porta, il tempo perso non tornerà perché la vita è trascorsa ed il resto, quello che ne rimane, è contrassegnato da una solitudine e da un dolore muto destinati a durare fino alla fine dei propri giorni.
Solitudine, tristezza e nostalgia sono i tarli che rodono e consumano lentamente il benessere psicologico delle donne anziane. I ricercatori dell’Università di Messina hanno accertato, in un recente studio, che a soffrire maggiormente della sindrome di Penelope, com’era d’altra parte ovvio, sono le vedove ed in generale chi è rimasta sola per un motivo o per un altro.
Un malessere molto diffuso, caratterizzato da una profonda tristezza e da uno sconforto tali da far precipitare giorno dopo giorno, con il passare monotono ed inesorabile del tempo, nella depressione.
Secondo quanto appurato dalle rilevazioni degli autori della ricerca, presentata oggi nell’ambito del congresso dell’Associazione italiana di psicogeriatria (Aip), a Gardone Riviera (BS), sarebbero le donne di età superiore ai 75 anni le più colpite dalla sindrome, esposte a maggior rischio di stati depressivi gravi, e che spesso soffrono di malattie fisiche, il che non aiuta certo a sentirsi bene d’animo. In molte, alla solitudine ed al vuoto della loro casa ormai spoglia ma piena di ricordi spesso dolorosi, preferiscono optare per un alloggio nelle cliniche, in ospedale e nelle case di riposo.
La sindrome di Penelope affligge esattamente una donna su cinque tra le over 75. A peggiorare, insieme allo stato d’animo, sono purtroppo anche i sintomi fisici. Il dolore psicofisico di conseguenza non fa cha aumentare minando la qualità della vita ed il benessere psicologico delle anziane.
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