Più o meno tutti è capitato sul lavoro di imbattersi in un ragionier Fantozzi, magari un vicino di scrivania, preso in giro dai colleghi, isolato, se non addirittura escluso dal gruppo. Ma Fantozzi non è semplicemente un personaggio di fantasia, quella del dipendente “capro espiatorio“, infatti, è una figura nota alla scienza, che ne parla più spesso in termini mobbing e bossing.
A indagare sulle dinamiche all’origine di questo fenomeno, uno studio realizzato da Gianfranco Tomei, del Dipartimento di Neurologia e Psichiatria dell’università La Sapienza di Roma, pubblicato sulla versione on line della rivista scientifica “Prevention and Research”.
Secondo Tomei, il fenomeno sarebbe riconducibile a 5 modalità di organizzazione nevrotica, ovvero disfunzionale e malsana del lavoro. Come ha spiegato:
Quella del capro espiatorio, è una dinamica molto comune all’interno dei gruppi, in special modo quelli di lavoro. La vittima è di solito un soggetto debole su cui viene scaricata la responsabilità, materiale o morale, di danni, errori o eventi negativi: deve subirne le conseguenze ed espiare la colpa.
La psicoanalisi, più volte si è soffermata sulla figura del capro espiatorio per analizzare i meccanismi nascosti e inconsci che entrano in gioco quando in un gruppo si identifica una vittima designata. Attraverso questa modalità irrazionale di pensiero la crescita del gruppo non viene minacciata da quella che viene percepita quale fonte di energia negativa e disturbante.
Da alcune ricerche è emerso come i gruppi che più frequentemente generano al proprio interno il Fantozzi di turno, siano altamente stressanti. Lo stress, infatti, causa frizioni e dissapori, ed è il motivo per il quale, al fine di ridurre le sofferenze innescate da questo stato spiacevole, si indentificano soggetti deboli su cui scaricare le tensioni. Fra le possibili fonti di stress ci sono le condizioni fisiche, ma più spesso l’eccesso di lavoro, i tempi troppo stretti, difficoltà relazionali con i capi, ecc.