Molte donne che sono in attesa di un bambino soffrono durante l’intero periodo della gravidanza di insonnia. I disturbi legati al sonno risultano essere davvero molto fastidiosi. Gli squilibri ormonali dovuti allo stato interessante fanno sì che si trovino molte difficoltà nel riuscire a dormire tutta la notte senza pause, interruzioni o bruschi risvegli. Oggi vogliamo parlarvi a questo proposito del risultato di una ricerca condotta dagli studiosi della School of Medicine dell’Università di Pittsburgh.
Questi hanno dimostrato come l’insonnia che colpisce le donne nel primo o nel terzo trimestre della loro gravidanza può comportare un rischio: incorrere nel parto prematuro. Nel secondo trimestre, invece, non sembrano poterci essere dei problemi legati al parto.
I ricercatori, nonostante i risultati, non sono ancora in grado di spiegare in maniera esauriente il perché del legame fra l’insonnia e il parto prematuro, ma ritengono che tra le motivazioni che spingano la donna a partorire prima ci sia lo stress. Infatti, dormire poco e male non giova alla salute. Ne abbiamo parlato spesso su IoValgo e anche di recente in questi post. Ma non avevamo mai legati i disturbi del sonno a possibili problemi durante il parto. Quindi, sembra ovvio per le future mamme dover stare attente al benessere del proprio sonno.
Il team di ricercatori hanno, infatti, sostenuto come sia importante scongiurare il pericolo di parto prematuro attraverso la regolazione del sonno delle mamme già dal primo trimestre. Vogliamo per questo riportarvi i punti chiave dello studio che, in un comunicato stampa, sono stati spiegati dal responsabile della ricerca, Michele Okun:
Questo studio supporta la crescente evidenza che un sonno carente e disturbato rappresenta un importante fattore di rischio di parto pretermine. È probabile che questo si verifichi in presenza di altri fattori di rischio, ma il sonno può essere misurato facilmente e rapidamente durante le visite prenatali. Semplicemente valutando la qualità del sonno di una donna, potremmo essere in grado di identificare un rischio all’inizio della gravidanza, quando c’è ancora molto tempo per intervenire. I dati suggeriscono che ottenere risultati positivi è possibile attraverso varie modifiche nel comportamento.