Si sente sempre di più parlare, all’interno delle realtà lavorative dello straining: si tratta di uno stato di cose a metà tra il mobbing e lo stress che può verificarsi in particolari condizioni. Scopriamone insieme di più e se possibile come regolarsi nell’affrontarlo.
Lo straining è essenzialmente una dinamica relazionale disfunzionale caratterizzata dall’attuazione di atteggiamenti gravemente lesivi della dignità del lavoratore capaci di minarne la tenuta della salute psicofisica. Esso è un atteggiamento vessatorio, messo in atto volontariamente da un superiore, allo scopo di umiliare il dipendente che ne è vittima ed a differenza del mobbing, che sottintende molteplici atti persecutori, lo straining si realizza anche in presenza di un solo atto in grado però di dare vita a gravi danni sia psicologici che fisici.
E’ stato riscontrato che proprio per via del fatto che si sottovaluti, lo straining può presentare delle conseguenza ben più gravi del mobbing proprio perché l’atto è unico ed il lavoratore si trova nell’impossibilità di reagire. Alcuni esempi di questo comportamento riguardano l’obbligo per il lavoratore di svolgere mansioni inferiori e degradanti rispetto al proprio livello di preparazione professionale. O ancora quando il lavoratore è oberato da carichi di lavoro insostenibile o viene messo all’inattività forzata perché privato degli strumenti indispensabili allo svolgimento delle proprie mansioni.
Purtroppo al momento non esiste una legge specifica per il riconoscimento di questo fenomeno, sebbene ci si possa appellare all’articolo 2087 del Codice Civile e dal Decreto Legislativo 81/08, che sanciscono la tutela dell’integrità fisica e morale del lavoratore. Importante, in questi casi, documentare immediatamente i danni psicofisici subiti.