I lavoratori americani, rispetto a chi ha un impiego in altri paesi industrializzati, lavorano più ore, prendono meno giorni di vacanza e vanno in pensione più tardi. Queste condizioni non certo favorevoli hanno un loro peso nell’aumentare la possibilità che molte di queste persone sperimentino il burnout, una condizione associata allo stress che deriva da specifiche situazioni di lavoro.Tra i fattori presenti sul luogo di lavoro che possono causare il burnout ci sono lo stress, i carichi di lavoro, la mancanza di controllo sulle situazioni di lavoro, la mancanza di sostegno emotivo. Tali situazioni, col tempo, conducono a logorio fisico, che può eventualmente debilitare il corpo. Da ricerche effettuate in passato è emerso come tale sindrome sia correlata ad obesità, insonnia ed ansia. In precedenti articoli apparsi su questo sito abbiamo evidenziato il contributo dato dalla Maslach nel definire il concetto di burnout, considerato come una sindrome di esaurimento emotivo, depersonalizzazione e ridotta realizzazione personale. Inoltre la stessa autrice ha dato un importante contributo alla ricerca, realizzazando specifico strumento psicodiagnostico standardizzato, il Maslach Burnout Inventory (MBI), attualmente usato a livello internazionale per misurare i livelli e la tipologia dello stress occupazionale.
La ricerca che presentiamo oggi è stato condotta da Sharon Toker della Tel Aviv University’s Faculty of Management e dai suoi colleghi ricercatori Samuel Melamed, Shlomo Berliner, David Zeltser e Itzhak Shpira della TAU’s Sackler Faculty of Medicine. Questi ricercatori hanno scoperto come tale sindrome sia associata alla malattia coronarica che può, a sua volta, causare attacchi di angina o di cuore. Dallo studio, pubblicato su Psychosomatic Medicine, emerge come coloro che si collocano ai primi posti nella scala del burnout hanno aumentato del 79% la possibilità di contrarre malattie coronariche e ciò fa di questa sindrome, secondo il dottor Toker, un predittore di questo tipo di malattia, più forte rispetto ad altri fattori di rischio classici, tra i quali il fumo, il livello dei lipidi plasmatici, l’attività fisica. Alla ricerca hanno partecipato più di ottomila uomini e donne di età compresa tra i i 19 e 67 anni, i quali sono stati sottoposti per una media di 40 mesi agli esami di routine per la salute.
Secondo il dottor Taker tali risultati sono importanti per la medicina preventiva, i datori di lavoro devono fare la loro parte, promuovendo ambienti di lavoro sani per prevenire il burnout, ma anche i lavoratori possono svolgere un’azione di prevenzione attraverso l’adozione di comportamenti salutari, come svolgere una regolare attività fisica, dormire 7-8 ore a notte, ricorrere ad una terapia psicologica ove necessario.
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studio psicologia roma 22 Marzo 2013 il 19:42
Non solo questo. Ho vissuto in America per parecchi anni e posso dire che tutto questo stress e’ anche dovuto ai facili licenziamenti che hanno una disciplina giuridica che favorisce il datore di lavoro contrariamente a quanto succede in Italia.