Ancora sullo stress da lavoro, ormai riconosciuto a tutti gli effetti come malattia professionale in virtù del decreto legislativo 81/2008 e sue successive modifiche con d.lgs. 106/2009. Ci occupiamo oggi del ruolo di mail, comunicazioni aziendali, telefonate e messaggi che ci raggiungono a casa dall’ufficio anche fuori dall’orario di lavoro e che, puntualmente, vengono evase o se ignorate scatenano sensi di colpa con un impatto forse ancora maggiore sulla soglia di stress accumulato.
Oggi che videochiamate, posta elettronica, sms, teleconferenze ci raggiungono davvero ovunque, sembra difficile delimitare gli orari di lavoro così come riuscire a distinguere quando si è operativi dalle ore off, da dedicare allo sport, alla famiglia, alla vita sociale o semplicemente a rilassarsi, a riposare e a recuperare le energie.
Al contrario di quanto si crede, essere sempre online e reperibili, non aumenta affatto la produttività. Se eludete una chiamata di lavoro all’ora di cena o non rimandate la corsetta o la chiacchierata al telefono con un’amica per occuparvi nel vostro tempo libero dell’ennesimo fardello che vi hanno affibbiato vostro malgrado, non sentitevi in colpa: state tutelando i vostri spazi off ed il vostro benessere psicofisico.
Del ruolo delle nuove tecnologie di comunicazione sullo stress da lavoro si è occupato un recente studio dell’Università di Toronto, pubblicato sul numero di marzo del Journal of Health and Social Behaviour. I nuovi mezzi per comunicare che aiutano le persone a rimanere in contatto con il luogo di lavoro sono spesso intesi come soluzioni per conciliare la vita professionale con la vita familiare. Tuttavia, esiste un “lato oscuro” per la salute dei lavoratori, specie per le donne.
Utilizzando i dati di un sondaggio nazionale somministrato ad un campione di lavoratori americani, i ricercatori hanno chiesto ai partecipanti allo studio quanto spesso fossero stati contattati al di fuori dell’orario di lavoro per telefono o e-mail, scoprendo che le donne contattate molto più spesso da supervisori, colleghi di lavoro o clienti riportavano livelli elevati di stress psicologico. Al contrario, gli uomini, pur ricevendo richieste frequenti legate al lavoro al di fuori della giornata lavorativa, sembravano soffrirne meno.
Inizialmente gli autori hanno pensato che le donne ne risentissero maggiormente per via di mansioni spesso maggiori a casa rispetto all’uomo. In realtà si è scoperto che riescono a destreggiarsi benissimo tra le varie responsabilità, ma il problema è che essere contattate dal lavoro le fa sentire in colpa ed angosciate, perché si occupano di questioni professionali a casa e perché la vita lavorativa interferisce con la loro vita familiare.
Uno degli autori dello studio, Scott Schieman, spiega che uomini e donne hanno aspettative diverse su quelli che sono i confini tra lavoro e vita familiare, con impatti emotivi altrettanto differenti se questi confini vengono violati.
[Fonte: “Boundary-Spanning Work Demands and Their Consequences for Guilt and Psychological Distress”, Journal of Health and Social Behavior]
Commenti (3)