Ci vergogniamo a rispondere al telefono? Ci imbarazza l’idea di parlare in pubblico? Chiedere un appuntamento sembra un’impresa impossibile? La timidezza a volte rende difficili anche le azioni più semplici, come chiedere indicazioni stradali. Tuttavia essere introversi può essere un valore da riscoprire, piuttosto che un peso di cui liberarsi.
Per valorizzare i lati positivi di questa predisposizione, è innanzitutto molto importante non farsi condizionare da quest’etichetta, ma cercare di riflettere su quali circostanze la scatenano.
Non per tutti infatti la timidezza è un tratto permanente del carattere: a volte l’imbarazzo può nascere da una situazione particolare. Ad esempio una persona può avere particolari problemi a relazionarsi con l’altro sesso o con una figura che rappresenti l’autorità, come il proprio capo. In questo caso, il nostro sintomo ci rivela quali parti della nostra personalità sono più fragili e può far nascere il desiderio di migliorarsi.
Molte persone ad esempio si affidano alla terapia cognitivo comportamentale per riuscire a “ristrutturare” la propria personalità in questo senso. Questi strumenti mirano infatti a modificare progressivamente i comportamenti e i modi di pensare che scatenano la sofferenza. Il lavoro cognitivo consiste nel fare comprendere al paziente che certe sue convinzioni e certi suoi modi di vedere il mondo e se stesso deformano la realtà procurandogli emozioni dolorose.
Ma non sempre la timidezza è considerata una barriera da eliminare o un disturbo da curare. Sicuramente si tratta di una caratteristica che provoca della sofferenza, ma solitamente non è giudicata come una malattia, a meno che non produca effetti gravi come ansia, depressione e nevrosi.
Anche se la timidezza a volte non ci aiuta a farci sentire a nostro agio, non va tuttavia considerata come un handicap: ormai la nostra società non considera più le persone introverse come deboli o incapaci, ma è in corso una vera riscoperta una vera rivalutazione della timidezza, in contrasto con la prepotenza diffusa dei nostri tempi.
Timidezza infatti sta diventando sempre di più un sinonimo di sensibilità, disponibilità, dolcezza e maggiore predisposizione alla riflessione.
Inoltre dichiararsi timidi è un ottimo metodo per inibire l’aggressività altrui e accattivarsi la simpatia dei nostri interlocutori. In fin dei conti, chi non si è affezionato a Charlie Brown?
Per rassicurarci, proviamo a pensare ad alcuni timidi “eccellenti”: basti pensare a Woody Allen, Albert Einstein, Emily Dickinson, Eugenio Montale e Yves Saint Laurent. Certo, gli uomini rischiano di essere più svantaggiati. Sicuramente la timidezza è considerata un tratto più femminile: anzi, molto spesso è considerata una caratteristica affascinante, sintesi di delicatezza e profondità. Molti uomini, ad esempio, considerano molto seducente una donna che arrossisce.
La timidezza quindi non dev’essere considerata un ostacolo insormontabile o un problema da risolvere, quanto piuttosto parte della nostra personalità che può essere valorizzata.