Una legge non scritta del sex appeal suggerisce che ciò che è bello allo “sguardo”, è anche sessualmente eccitante. Ma non è realmente così. La bellezza di fatto fa rima con magrezza, giovinezza, turgidezza. Tralasciamo però troppo spesso il fatto che la magrezza rasenti lo scheletrico e la giovinezza sia solo l’apparente floridezza data dalla chirurgia estetica.
L’imperativo categorico di questi tempi, è rispondere alla sempre più pressante richiesta sociale di una presunta perfezione e dell’apparire.
La sessualità però sembra però che non s’accontenti dell’apparenza e che in un certo senso, miri alla sostanza. Il nostro desiderio rifugge corpi emaciati, sa distinguere un quarantenne che s’ostina a mostrare vent’anni in meno, nè si sente a proprio agio a sfiorare un seno siliconato.
La sessualità che è la parte più vera di noi stessi, ha bisogno di concretezza e di realtà, di un corpo vero, la “verità di ciò che siamo e dimostriamo”, ci rende eccitanti, caldi, avvolgenti e soprattutto vivi.
La verità di ciò che siamo, ci rende vivi, in trasformazione e in crescita continua. Dobbiamo imparare ad amare il nostro corpo e a curarlo, senza cadere nell’ “irrealtà”, nella finzione. La valorizzazione della propria fisicità, ci rende più consapevoli del nostro potenziale erotico, e quindi più seducenti.
Un corpo che cambia, è un corpo vivo e che non mente, entrare in sintonia con questo cambiamento, non significa trascurarsi, abbrutirsi, bensì permettere ai cambiamenti naturali di percorrerci, far sì che la propria trasformazione, ci renda sempre più interessanti e intriganti.
Sbagliatissimo invece usurare il proprio corpo, costringerlo in una pelle che non gli appartiene.
Il ricorrere qualcosa che non si è, non si è più o quel che è peggio, non si è mai stati, rischia di farci diventare ridicoli (il più delle volte senza che nessuno ce ne faccia rendere conto), ci fa incamminare verso un’infelicità lastricata di frustrazione, rabbie e solitudini che difficilmente riusciremmo poi a sedare.