Vicende come quelle di Yara Gambirasio, la tredicenne di Brembate ritrovata senza vita sabato scorso, a tre mesi dalla scomparsa, scuotono chi ne è spettatore impotente, vittima di quell’accanimento mediatico che sfrutta la tragedia per fare audience, che cerca ad ogni costo la lacrima, la disperazione, un grande fratello del dolore che stavolta, al contrario di quanto accaduto con la vicenda di Sarah Scazzi, non trova dall’altra parte conoscenti e parenti più o meno direttamente coinvolti, disposti a prendere parte ad uno show squallido.
Trova invece un dolore composto, sordo ad ogni strumentalizzazione mediatica, che chiede ed esige rispetto. Un trauma, quello della morte di Yara, che tocca un’intera comunità, devastata dalla paura, dall’insicurezza, dal terrore che esista un mostro e che non si sia più al sicuro a Brembate. I genitori vanno a prendere i figli all’uscita da scuola e luoghi considerati sicuri, vitali, sono ora sovrastati dall’ombra della morte: la palestra, il cantiere, una pista ciclabile…dove si è al sicuro oggi?, sembrano chiedersi tutti.
E poi c’è il dolore di chi resta senza un pezzo di cuore e di vita: la famiglia, i genitori e i tre fratelli di Yara: Keba, Gioele e Natan.
La prima cosa che ci si chiede in questi casi è: come faranno a sopportare una perdita così tragica e dalle modalità a dir poco spietate? Ne parla Anna Oliverio Ferraris, docente di psicologia dell’età evolutiva all’Università Sapienza di Roma.
In questi mesi, spiega l’esperto, i genitori hanno saputo trasmettere un’immagine di grande forza e autocontrollo: sono certa che non faranno ricadere la loro disperazione e il loro dolore sui tre figli,
Bisogna parlargli, lasciarli esprimere e tirare fuori le loro ansie cercando di fornire risposte alle loro domande.
Il silenzio, in questi casi, spesso è un rifugio, ma non sempre negativo, prosegue la psicologa:
E’ bene rispettarlo, aspettando che dettino loro i tempi per affrontare un capitolo così doloroso della loro vita. Bisogna agire con sensibilità, a casa ma anche a scuola, quando torneranno tra i banchi, perché in questi casi non vige una regola generale: bisogna rispettare il dolore muovendosi con estrema cura e attenzione.
Sul riconoscimento della salma, altro momento critico ed estremamente doloroso per un genitore, la Ferraris spiega che
A volte è importante per una madre o un padre anche solo ricongiungersi a un frammento, sfiorare i capelli un’ultima volta, toccare quegli amabili resti. Può apparire macabro, ma è un desiderio che va assolutamente rispettato.
[Fonte: Adnkronos]
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